Prof.ssa Sacco, lei è la seconda donna a dirigere la Rivista Cephalalgia e unico Editorin- Chief italiano. Sente il peso anche di questa ulteriore responsabilità?
Essere la seconda donna a dirigere la Rivista e l’unico Editorin- Chief italiano è un onore e un privilegio che accolgo con gratitudine e determinazione. Non sento questa cosa come un peso, ma come un’opportunità unica. Sebbene negli ultimi anni si siano compiuti progressi significativi verso la parità di genere nelle opportunità e nel riconoscimento delle competenze femminili nel campo scientifico, è evidente che ancora molto lavoro deve essere fatto per raggiungere una vera equità di genere. Occupare la posizione di Editor-in-Chief mi offre l’opportunità di contribuire attivamente a promuovere una maggiore inclusione e rappresentanza delle donne nel campo della ricerca scientifica, non solo attraverso il mio esempio, ma anche attraverso politiche e iniziative che favoriscano la partecipazione e il progresso delle donne in ambito accademico e professionale. Inoltre, essere Editor-in-Chief mi consente di avere un impatto diretto sulla qualità e sulla direzione della ricerca sulle cefalee. Attraverso la selezione attenta e rigorosa dei lavori da pubblicare, posso contribuire a garantire che solo le ricerche più solide e affidabili vengano pubblicate, contribuendo così all’avanzamento delle conoscenze nel campo delle cefalee e migliorando la qualità della cura per i pazienti affetti da questa patologia. È un’opportunità che prendo molto seriamente e alla quale dedico molto tempo ed energia.
Dal suo prestigioso osservatorio, ritiene che sia data la dovuta attenzione al fatto che le cefalee siano patologie di genere nelle pubblicazioni scientifiche?
Dal mio punto di vista, l’attenzione data al fatto che le cefalee siano patologie di genere nelle pubblicazioni scientifiche è ancora molto limitata. Sebbene negli ultimi anni ci sia stata una maggiore consapevolezza dell’importanza di considerare il genere nei contesti di ricerca, sono ancora evidenti significative lacune nella rappresentazione e nell’analisi differenziata dei dati relativi alle cefalee in base al genere.
Secondo lei c’è qualcosa che ancora si può fare per rendere più centrale nel campo della ricerca scientifica l’attenzione agli aspetti di genere (ad esempio, fare post hoc analysis distinguendo per genere i risultati sui trial clinici o promuovendo numeri speciali della rivista, ecc.)? E c’è ancora interesse agli aspetti di genere nel campo della ricerca (ricordiamo, ad esempio, i suoi studi sugli estroprogestinici nell’emicrania) o è una tradizione che si sta perdendo?
È fondamentale continuare gli sforzi per colmare le lacune e promuovere una migliore comprensione delle differenze di genere nelle cefalee. Mentre nella maggior parte degli studi scientifici sulle cefalee la popolazione inclusa è composta per oltre l’80% da donne, è importante riconoscere che generalizzare i risultati a entrambi i generi non è sempre appropriato. La medicina di genere nell›ambito delle cefalee assume una sfumatura particolare. Mentre in altri contesti significa aumentare l›inclusione delle donne, in questo caso significa anche studiare meglio gli uomini. Questo sottolinea l›importanza di un›analisi differenziata dei dati in base al genere per una migliore comprensione e gestione delle cefalee in entrambi i sessi. Proprio di recente, insieme al collega Frank Porreca, abbiamo lanciato una «Topical Collection” mirata a attrarre nuovi lavori per migliorare la conoscenza di genere soprattutto negli uomini. Questo sforzo rappresenta solo uno dei molti passi che possiamo intraprendere per promuovere una maggiore centralità degli aspetti di genere nella ricerca scientifica sulle cefalee. Inoltre, è necessario comprendere meglio i meccanismi attraverso cui gli ormoni influenzano le manifestazioni cliniche della cefalea. Dobbiamo trovare nuovi trattamenti efficaci per l’emicrania mestruale, che rimane ancora difficile da trattare, così come per l’emicrania in gravidanza. È essenziale favorire la stratificazione dei risultati per sesso negli studi clinici e condurre una ricerca di base mirata per elucidare i meccanismi di genere e valutare eventuali differenze di sicurezza ed efficacia dei nuovi farmaci nelle fasi precoci delle sperimentazioni. Credo fermamente che nel futuro della ricerca non si potrà prescindere da un approccio di genere a qualunque ipotesi scientifica.
L’Italia ha sempre espresso importanti ricercatori nel settore delle cefalee, molte (come lei) sono donne. Vede pure tra le nuove generazioni giovani colleghe pronte a portare avanti questa tradizione?
L’Italia ha una lunga tradizione di eccellenza nella ricerca sulle cefalee e sono felice di constatare che molte ricercatrici emergenti sono pronte a portare avanti questa tradizione. Tra le nuove generazioni, vedo numerose giovani colleghe talentuose e motivate che già contribuiscono in modo significativo al campo delle cefalee attraverso ricerca innovativa e impegno professionale. Sono convinta che, con il giusto sostegno e mentorship, queste giovani ricercatrici continueranno a prosperare e ad arricchire il panorama della ricerca sulle cefalee in Italia e oltre. La presenza di una donna come Editor-in-Chief, come presidente di una società scientifica, o come membro influente della comunità è di estrema importanza, dimostra alle colleghe più giovani che è possibile ambire a traguardi importanti senza timori. Questi esempi positivi possono ispirare e incoraggiare le nuove generazioni di ricercatrici a perseguire con determinazione i propri obiettivi, contribuendo così a una maggiore diversità e rappresentanza nel campo della ricerca sulle cefalee e oltre.