Questo articolo è rivolto alle persone che soffrono di emicrania e che desiderano approfondire le proprie conoscenze su questa patologia a volte molto disabilitante. Nel 2012 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che le terapie sono più efficaci quando i pazienti hanno una buona comunicazione con i propri medici e sono pienamente informati ed educati circa la loro patologia ed il suo trattamento. Purtroppo, questo non è sempre possibile - soprattutto nella sanità pubblica - quando i tempi di visita sono costretti da regole che danno priorità alla quantità invece che alla qualità delle prestazioni sanitarie. Pertanto, è importante cercare di aumentare il cosiddetto “tempo di cura” fornendo informazioni ai pazienti nelle visite successive o con l’aiuto di brevi pubblicazioni o foglietti esplicativi. Ogni visita per cefalea dovrebbe terminare con la comunicazione della diagnosi da parte del medico. Meglio se poi la diagnosi stessa viene riportata nel referto della visita. Uno studio recente ha mostrato che molti pazienti con emicrania credono di soffrire della cosiddetta “cervicale” (circa il 47% su un totale di 250), con conseguente prescrizione di accertamenti e terapie non utili. Una volta ricevuta la diagnosi di emicrania, probabilmente la prima sensazione sarà quella di sollievo per non soffrire di gravi patologie come un tumore del cervello o un aneurisma, ma subito dopo potrebbero nascere delle domande del tipo: “cosa è l’emicrania” e “perché mi viene l’emicrania?” Anni di studi sperimentali e sull’uomo suggeriscono che l’emicrania è un’onda elettrica che nasce nel cervello di alcune persone predisposte, che si propaga dalle parti posteriori in avanti fino ad arrivare al nervo trigemino. Una volta colpito il nervo trigemino ecco che il dolore si manifesta e questo può accadere da un lato o da tutti e due i lati dipendentemente se viene colpito un nervo trigemino oppure tutti e due. Quando il trigemino viene interessato si produce una infiammazione che ad ogni attacco può diventare sempre più importante. Il motivo per il quale si produce questo fenomeno transitorio, su cervelli peraltro normali, può essere spiegato con il concetto di “soglia”. In tutte le persone esiste una cosiddetta “soglia emicranica”, ciò vale a dire che ogni persona può avere una emicrania in base all’altezza della propria soglia. Chi ha una soglia bassa potrà avere una emicrania più facilmente di chi ha una soglia alta o molto alta: bastano pochi fattori di scatenamento e il gioco è fatto. Un po’ come vivere in un appartamento con il soffitto molto basso, basta alzarsi in piedi dalla poltrona che si sbatte la testa. Se invece il soffitto (cioè la soglia) è molto alta è anche probabile che non si avrà un attacco emicranico per tutta la vita. La soglia emicranica è probabilmente ereditata geneticamente, ecco perché spesso l’emicrania è familiare. I fattori di scatenamento principali sono in genere i cambiamenti, sia di natura esterna o interna al proprio corpo: quali cambiamento del tempo, di abitudini in generale o del sonno o della alimentazione; oppure cambiamenti dei livelli degli ormoni durante il ciclo oppure nella menopausa. In altre parole, la persona emicranica ha un cervello che si adatta con difficoltà ai cambiamenti: dovrebbe vivere sotto una cupola di vetro dove non succede mai nulla, ma sappiamo bene che questo non è possibile. Per quanto riguarda la terapia, va da sé che, se si riesce a produrre un miglioramento dello stile di vita, l’emicrania potrebbe migliorare sensibilmente, per esempio attività fisica aerobica, sonno regolare, alimentazione sana. Se questo riesce difficile c’è sempre la possibilità di farsi aiutare da uno psicologo con la terapia cognitivo-comportamentale o frequentare un corso di yoga o mindfulness.

Per i casi più gravi, quelli cioè dove l’infiammazione trigeminale diventa cronica a causa dei lunghi attacchi non trattati, oppure trattati con uso eccessivo di analgesici, bisogna ricorrere ai farmaci preventivi che agiscono alzando la soglia emicranica. Praticamente, vi rifanno il soffitto di casa. Per prevenire la cronicizzazione dell’emicrania quindi è necessario migliorare il proprio stile di vita e fare in modo che gli attacchi non durino mai più di due ore. Il “mantra” dell’emicrania infatti potrebbe essere riassunto nella frase “più dura più torna”. Quindi i farmaci per l’attacco (analgesici oppure triptani) devono essere presi immediatamente dopo l’inizio del dolore, in modo da poter salvaguardare il trigemino il prima possibile dall’attacco dell’onda elettrica prodotta dall’emicrania. Non bisogna avere paura di prendere i farmaci per interrompere l’emicrania, se tutto va liscio la frequenza degli attacchi diminuirà man mano che gli attacchi dureranno meno. Vale però la regola d’oro che se l’emicrania diventa troppo frequente bisogna iniziare una cura di prevenzione e non imbottirsi di analgesici o triptani. Per tenere sotto controllo la situazione, infine, suggerisco (come tutti gli specialisti delle cefalee degli adulti) di tenere un diario, meglio se fornito dal centro cefalee, cartaceo o su app per cellulari.

Per finire vi riassumo le pillole di saggezza per gestire la propria emicrania:

• tenere un diario,

• assumere i farmaci per l’attacco il prima possibile (ricordate: più dura più torna),

• non assumere farmaci per l’attacco per più di 10 giorni nel mese,

• mettersi una mano sulla coscienza e chiedersi: “il mio stile di vita attuale è quello che va bene per me?

Teresa Catarci Neurologo specialista -
Ambulatorio cefalee ASL Roma1, Roma