EDITORIALE di Cherubino Di Lorenzo

Ben ritrovati, amiche e amici, spero che i colori dell’autunno e il clima ancora mite vi stiano graziando dal troppo soffrire. La ripresa dopo le ferie è sempre dura, ma fortunatamente più esse diventano uno sbiadito ricordo, meno la quotidianità ci fa soffrire. A chi le cose invece non stanno andando bene, speriamo possano essere d’aiuto le novità di cui parleremo nel numero del nostro bollettino.

Ormai sono iniziate le prescrizioni del rimegepant come terapia sintomatica dell’attacco di emicrania, ma ancora i meccanismi sono da rodare. Se ne parlerà nell’intervista del nostro Roberto Nappi ai Presidenti di SISC (prof.ssa Marina De Tommaso), AIC (prof. Piero Barbanti) e Al.Ce. (Alessandra Sorrentino), in cui si affrontano le criticità legate alla prescrizione di questo farmaco e degli altri farmaci rivolti verso il CGRP che sono già in uso per le terapie preventive. È inutile girarci attorno: i pazienti percepiscono la presenza di un’enorme difficoltà prescrittiva dovuta all’eccessiva burocratizzazione del processo di genesi dei piani terapeutici. Già molti Centri Cefalee in giro per la Penisola sono letteralmente esplosi per far fronte all’onere del rinnovo dei piani terapeutici per le terapie preventive, con liste d’attesa di molti mesi (ben oltre i sei della massima durata della prescrizione). Figuriamoci cosa accadrà con i nuovi farmaci sintomatici che spingeranno sempre più pazienti a rivolgersi ai grossi centri. Sì, in teoria, tutti i “neurologi territoriali” saranno abilitati alla prescrizione del nuovo farmaco in acuto, ma ad oggi, da pazienti e medici di almeno 3 grandi Regioni veniamo a sapere che questa entità del “neurologo territoriale” è tutt’altro che ben definita e che al momento gli unici che possono prescrivere il farmaco sono sempre i soliti centri che già facevano le prescrizioni per la profilassi. Siamo certi che a breve il disguido sarà risolto, ciò è la conseguenza dell’avere in una sola nazione 21 diversi sistemi regionali autonomi, ma resta il disagio e la frustrazione dei tanti pazienti che da mesi ormai sperano in questa nuova opzione di cura, e pure la rabbia e il danno economico dei tanti che il farmaco se lo son finora pagato a caro prezzo e stanno continuando a farlo. Poi, come appunto emerge dall’intervista, se, oltre a prescrivere il farmaco in acuto, i neurologi del territorio potessero pure fare i rinnovi dei paini terapeutici, forse si riuscirebbe a far desaturare l’attività dei centri d’eccellenza, ormai trasformatisi in meri centri prescrittivi, con buona pace dei casi complessi che andrebbero ivi gestiti e per i quali non c’è più posto.

Voglio segnalarvi che una possibile soluzione alternativa potrebbe venire dalla telemedicina: molti centri ormai la offrono come alternativa alla visita in presenza e proprio un recentissimo documento della American Headache Society riconosce a questo tipo di prestazione una dignità non inferiore alla visita in presenza, con dati molto incoraggianti provenienti dalla letteratura scientifica a seguito delle esperienze maturate negli anni del COVID e conseguente lockdown. Non c’è stato lo spazio per approfondire la questione, ma è sicuramente un tema di cui dovremmo tornare a parlare perché potrebbe semplificare di molto il “patient journey” di cui tanto si parla nella letteratura scientifica. Letteralmente significa “il viaggio del paziente”, inteso come l’insieme di esperienze e frustrazioni che portano il paziente a trovare il giusto percorso di cura, ma che in Italia potrebbe acquisire un significato molto differente e più letterale, essendo il nostro il Paese del cosiddetto “turismo sanitario” e dei “viaggi della speranza”. Il settore delle cefalee non è esente da questo fenomeno e sicuramente i dati del documento americano sono molto incoraggianti.

Ma torniamo ai contenuti del nostro giornalino per una notizia apparentemente un po’ glamour ma che in realtà ha un alto valore non solo simbolico per tutto il nostro mondo: alla recente 82esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia è stato presentato un docufilm dal titolo molto evocativo “Una vita a metà”, per raccontare com’è l’esistenza di chi condivide la propria esistenza con l’emicrania. Al.Ce. era degnamente rappresentata dalla nostra presidentessa che ci ha scritto questo breve resoconto sull’evento. Se pensiamo a quanto fosse ghettizzante e stigmatizzante fino a poco tempo fa dover vivere con il mal di testa, questo film e l’evento di lancio rappresentano davvero una bella rivincita per tanti di noi.

Per questo numero mettiamo in stand-by la rubrica de “La Cefalea in cucina” perché ho pensato fosse interessante fare un altro tipo di approfondimento un po’ pop che riguarda la vita quotidiana di noi tutti. La dottoressa Gaia La Spina, psicologa e persona con emicrania, ci racconta le sue vicissitudini di un recente viaggio in Perù. Spesso i pazienti ci raccontano di quanto sia per loro penoso dover andare in vacanza perché il sole del mare o l’alta quota della montagna sono situazioni devastanti. Ebbene, una testimonianza di un viaggio del genere, a suo modo estremo per il cambio di emisfero (e quindi di stagione) e per l’alta quota, può essere utile per chiunque pensi che non lo si possa fare e pure per spiegare cosa ci si potrebbe aspettare affrontandolo. Il messaggio che vorrei che passasse è che noi siamo più forti del nostro mal di testa e che il limite è nato per essere spostato, con coraggio e determinazione.

Per la rubrica Amarcord, abbiamo ripescato dai nostri archivi – non a caso - un articolo del 2010 dedicato alla cefalea d’alta quota, a cura del dott. Guido Giardini di Aosta.

Come sempre, spero che gli argomenti siano di vostro gradimento. Buona lettura e fateci conoscere i vostri commenti.