Il Mese della Consapevolezza dell’Emicrania raccontato da Alessandra Sorrentino insieme a molto altro…

Il mese della consapevolezza dell’emicrania è un evento nazionale italiano?

Il mese della consapevolezza dell'emicrania è un'iniziativa internazionale consolidata che si svolge ogni anno nel mese di giugno, organizzata dalla International Headache Society (IHS), la principale organizzazione mondiale per professionisti impegnati nell'aiutare le persone affette da cefalee. Questa campagna globale coinvolge le comunità cefalalgiche di tutto il mondo e rappresenta ormai una tradizione consolidata nel calendario della sensibilizzazione sanitaria internazionale. L'iniziativa nasce dalla necessità urgente di affrontare una problematica di grande rilevanza, considerando che almeno il 50% dei pazienti con emicrania rimane non diagnosticato e sottotrattato, mentre meno della metà consulta un medico. La campagna si concentra principalmente sull'educazione dei professionisti sanitari attraverso video educativi multilingue che spiegano cos'è l'emicrania, come diagnosticarla e trattarla.

Come mai c’è bisogno di un mese della consapevolezza dell’emicrania? Non se ne parla già abbastanza, secondo lei?

Anche se in Italia la cefalea cronica, e di conseguenza l'emicrania cronica, nel 2020 grazie alla Legge 81 è stata riconosciuta come malattia sociale, purtroppo lo stigma che riduce l'emicrania a un "banale mal di testa" è ancora molto radicato. L'emicrania paga il prezzo di essere una malattia invisibile: per raccontare il dolore che sperimentiamo, per quanto sia invalidante e per quanto impatti notevolmente sulla qualità della nostra vita, oggi abbiamo a disposizione soltanto le nostre parole e il nostro vissuto. Non esiste un valore, come accade ad esempio per patologie come il diabete o l'ipertensione, che possiamo misurare oggettivamente con un dispositivo medico. Rispetto a qualche anno fa, oggi di emicrania se ne parla maggiormente, ma è ancora molto diffusa la disinformazione: è necessario diffondere una cultura della malattia, una consapevolezza differente che permette a chi ne soffre di avere gli strumenti giusti in primis per intraprendere il giusto percorso terapeutico, ma anche per raccontare cosa accade nella propria vita quando si convive con una patologia cronica e invalidante; a chi non la vive in prima persona una corretta informazione permette di comprendere che il mal di testa è soltanto uno dei sintomi di una malattia neurologica che ha un nome ben preciso: emicrania.

Quali sono gli obiettivi che vi prefissate e quali le iniziative organizzate per sensibilizzare il pubblico?

Tra gli obiettivi principali dell'associazione che ho l’onore di presiedere – Alleanza Cefalalgici (Al.Ce.) - ci sono:

- la diffusione di informazioni corrette sulla malattia, proprio per evitare che l'emicrania venga classificata come un banale mal di testa: questo ci permette da un lato di smontare mattoncino dopo mattoncino lo stigma, ma anche di fare in modo che le persone possano prendere consapevolezza della malattia e della necessità di avere una diagnosi e di accedere il prima possibile ad un percorso terapeutico adeguato;

- la promozione dell'accesso alle terapie, farmacologiche e non. E in particolare stiamo lavorando in collaborazione con le Società Scientifiche affinché sia garantito un accesso equo ai trattamenti, in modo che si possa ridurre il più possibile la migrazione sanitaria e, di conseguenza, anche i tempi di attesa per le prime visite. Fondamentale è anche la promozione di un approccio multidisciplinare alla malattia e per questo motivo, quando si parla di accesso alle terapie, pensiamo al ruolo importante che ha il supporto psicologico nel nostro percorso terapeutico perché sappiamo quanto salute mentale, salute del cervello e lo stato di salute della persona emicranica in generale siano strettamente correlate tra di loro.

Qual è il ruolo dell’associazionismo in Italia per il successo di iniziative come questa?

Le associazioni hanno un ruolo centrale perché è attraverso le associazioni che le pazienti e i pazienti riescono a far sentire la propria voce anche in contesti in cui solitamente è difficile farsi ascoltare. L'associazione di pazienti, oltre a essere l'orecchio attento ai bisogno dei pazienti stessi, è anche la cassa di risonanza della loro voce.

Oltre al mese della consapevolezza, quali sono le iniziative operate da Al.Ce. negli altri 11 mesi dell’anno?

Le iniziative che portiamo avanti sono diverse.

In primis, i gruppi di auto mutuo aiuto che sono uno strumento di supporto psicologico per i pazienti di efficacia comprovata. Sappiamo quanto sia importante il confronto tra pari che condividono la stessa esperienza di malattia e quanto questo confronto permetta di alleggerire l'impatto che la patologia ha sulla vita delle persone che ne soffrono grazie anche alla condivisione di strategie che vanno al di là del farmaco. A volte, essere compresi ed accolti senza la paura del giudizio è già un importante passo in avanti nel nostro percorso terapeutico.

Poi abbiamo tutti i progetti che hanno l'obiettivo di creare consapevolezza sulla malattia: ad esempio, crediamo tantissimo in strumenti di comunicazione come il podcast per raggiungere le nuove generazioni e fare educazione sulla patologia fin dall'adolescenza. Ne abbiamo realizzati due negli ultimi due anni (entrambi disponibili su Spotify e sulle principali piattaforme di streaming), Mal di Testa – candidato al premio "Eccellenze dell'informazione scientifica e centralità del paziente" – e Teste Connesse, l'ultimo che abbiamo prodotto in cui le storie delle pazienti sono narrate da due persone che conoscono molto bene l'emicrania perché ci convivono fin dall'adolescenza: Pier Luigi Spada (Chirurgo d'urgenza del Gemelli) e Veronika Logan (attrice di cinema e tv).

Insomma, crede davvero che l’associazionismo possa essere di aiuto nella gestione della malattia di un paziente? Avete già degli esempi concreti di iniziative di successo operate tramite l’associazione che presiede?

Cristina (vice presidente), Lara (presidente onorario) ed io ogni giorno siamo testimoni di come l'associazionismo possa essere di aiuto alle persone nella gestione della malattia. Ciascuna di noi è in contatto pressoché quotidiano con tanti pazienti e tante pazienti che ci chiedono consigli, che hanno bisogno di chiarire i loro dubbi o che a volte hanno semplicemente bisogno di conforto e vicinanza. Per questo motivo, è fondamentale che gli ambulatori e i centri cefalee considerino le associazioni di pazienti come un interlocutore qualificato che può dare un contributo di valore nel percorso terapeutico delle persone emicraniche. Le persone si fidano di chi condivide la loro stessa esperienza di vita (e di malattia) e ne abbiamo avuto la riprova anche in contesti che esulano i luoghi di cura: ogni giorno sui nostri profili e sulle nostre pagine social, ma anche in eventi come il Forum Sistema Salute, a cui partecipiamo da qualche anno, dove, durante un workshop dedicato ad alcune classi delle scuole superiori, alcuni ragazzi e alcune ragazze hanno raccontato spontaneamente la propria storia e il proprio vissuto con la malattia in un clima di totale fiducia e accoglienza.

L’associazionismo può avere anche un ruolo di indirizzo verso la comunità scientifica e il mondo farmaceutico, siete in grado di far sentire la vostra voce?

La collaborazione con la comunità scientifica e le aziende del mondo farmaceutico è fondamentale. Il dialogo costante con questi interlocutori è fondamentale perché soltanto attraverso il confronto siamo in grado di portare in primo piano le istanze dei pazienti e fare in modo che il nostro sistema sanitario ne tenga conto durante i processi decisionali. Negli anni, il dialogo con la comunità scientifica e le aziende farmaceutiche si è consolidato e questo ci ha permesso di "dire la nostra" e di essere ascoltati, ad esempio, in merito alle nuove linee guida per il trattamento farmacologico dell'emicrania e, in particolare, in merito ai criteri di accesso alle terapie innovative (anticorpi monoclonali e gepanti).

Lei come ricorda la sua vita di persona con emicrania, come sono stati gli ultimi 20 anni, come immagina i prossimi 20?

Io ho 42 anni. Soffro di emicrania da quando ero una bambina di 4 anni.

Fino a 5 anni fa la mia vita è stata un tormentato percorso alla ricerca di qualcosa che potesse salvarmi da una condanna che non avevo scelto, da una malattia che definiva le mie giornate e le caratterizzava per la presenza costante di dolore, un percorso in cui ho trovato anche il bullismo a scuola, la discriminazione e il mobbing sul luogo di lavoro. Da qualche anno, per fortuna, la mia vita è cambiata totalmente: in primis perché ho trovato la terapia di profilassi che è riuscita a darmi la possibilità di vivere una vita serena, dove il dolore non è più l'unico comun denominatore delle mie giornate, ma anche perché nel mio percorso di advocacy insieme ad Alleanza Cefalalgici ho potuto dare un contributo concreto affinché di emicrania se ne parli nel modo corretto e soprattutto senza vergogna. I prossimi 20 anni li immagino con ottimismo: immagino che la ricerca su nuovi farmaci possa dare risposte anche a quei pazienti che oggi ancora non hanno trovato una terapia adeguata per loro; immagino un sistema dove l'accesso alle terapie innovative sia più semplice, immagino che la medicina personalizzata ci porti a prenderci cura nel modo più adeguato di tutte le persone, con attenzione alla loro età, al loro genere (e non parlo solo di uomo e donna, ma considero anche tutte le persone che non si identificano in questa definizione binaria) e a tutte le comorbidità che caratterizzano la nostra malattia. Immagino una società dove quando si dice "emicrania" si pensi alla malattia nella sua complessità e non soltanto al mal di testa.

Intervista a cura di Roberto Nappi