L’emicrania è una forma primaria di cefalea con una prevalenza stimata pari al 14% della popolazione mondiale, rappresentando la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del genere umano secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Numeri ancora maggiori per la nostra penisola giungono di nuovo da uno studio di popolazione su 3500 soggetti della ASL di Pavia intervistati mediante questionario postale che ha evidenziato una percentuale di soggetti affetti pari al 42,9% (54,6% nel sesso femminile, 32,5% in quello maschile).
Dottoressa Ghiotto questa malattia neurologica chi interessa?
L’emicrania predilige nettamente il sesso femminile manifestando un rapporto donna/uomo pari a 3:1 e se ci si focalizza nel periodo compreso tra pubertà e menopausa, circa il 27% delle donne ne risulta affetto. Nella donna compare soprattutto dopo il menarca, raggiungendo il massimo della sua prevalenza nella quarta e quinta decade di vita, quindi nel periodo di maggiore produttività lavorativa e sociale dell’individuo. Inoltre, segue l’andamento delle fluttuazioni degli ormoni sessuali femminili con concentrazione degli attacchi in fase perimestruale e/o all’ovulazione
Quindi come possiamo definire l’emicrania?
Da quanto appena affermato l’emicrania è da considerarsi sicuramente una malattia di genere e recentemente il Centro Cefalee di Pavia ha ricevuto una targa di riconoscimento per impegnarsi nel percorsi al femminile per l’emicrania promossi dalla Fondazione Onda in collaborazione con le Società Scientifiche e le Associazioni Pazienti. Inoltre, l’emicrania può essere considerata anche una patologia ciclica.
Cosa si intende per malattia ciclica?
L’emicrania deriva da una predisposizione dell’individuo, dovuta in gran parte a cause genetiche. E’ infatti noto da diverse decadi che la maggior parte dei pazienti emicranici presenta almeno un parente che soffre di un mal di testa simile, più spesso sulla linea materna. Ma la genetica è solo il substrato (il tratto, la predisposizione, la suscettibilità) sul quale agiscono fattori ambientali interni o esterni in grado di modulare il manifestarsi degli attacchi, la frequenza di presentazione e la qualità degli attacchi. Anni di studi e di osservazione clinica, quasi ossessiva, hanno permesso di comprendere che molti attacchi tendono a manifestarsi con una ciclicità ben definita. Su questo si basa il modello cronobiologico e l’ipotesi discronica delle cefalee, elaborato dal Professor Giuseppe Nappi. L’interpretazione della malattia emicranica come malattia ciclica ci permette, quindi, di intercettare gli attacchi e quindi di trattarli nella maniera più adeguata.
Quali sono i principali fattori ciclici?
Distinguiamo fattori interni, come ad esempio le variazioni periodiche degli ormoni sessuali femminili ed il ciclo sonno-veglia, e fattori esterni. Tra questi ultimi, individuiamo alcuni fattori non modificabili, come l’alternarsi della luce e del buio e il variare delle stagioni, accanto ad altri modificabili, cioè le abitudini di vita (orario dei pasti, turni di lavoro, ritmi riposo-attività).
La teoria cronobiologica dell’emicrania come ci viene in aiuto per la gestione del paziente?
La terapia antiemicranica è basata su due capisaldi. La prima è di tipo igienico-comportamentale: essa consiste nell’individuare e nell’evitare, se possibile, i fattori scatenanti, quindi mantenere la massima regolarità dei ritmi biologici del paziente (orari dei pasti, dieta bilanciata, ritmo sonno-veglia, ritmi lavorativi), svolgere attività fisica in modo regolare. La seconda è farmacologica e consiste in due tipi di trattamento, che possono agire in modo diverso in relazione ai fattori scatenanti. Esiste una terapia sintomatica da utilizzare al bisogno in caso di crisi con l’obiettivo di estinguere l’attacco. Tra questi tipi di farmaci ne conosciamo alcuni aspecifici (antinfiammatori non steroidei e paracetamolo) e alcuni specifici (ergotaminici e triptani). Gli ergotaminici, utilizzati maggiormente in passato, hanno lasciato il posto ai triptani, meglio tollerati e con minore effetti collaterali, ma comunque ancora vietati a un sottogruppo di pazienti emicranici (malattia ischemica cerebrale o cardiaca, angina di Prinzmetal, vasospasmo coronarico, arteriopatia periferica, ipertensione arteriosa non controllata dalla terapia, età superiore ai 65 anni). Nei prossimi mesi ci verrà in aiuto una nuovo tipo di molecola che, a differenza dei triptani, non ha azione sul recettore vasale e pertanto avrà meno limiti di prescrivibilità. Oltre alla terapia sintomatica, che comunque va monitorata in maniera stretta per evitare di favorire una cronicizzazione degli attacchi da iperuso di farmaci, è a disposizione una terapia preventiva (detta anche di profilassi) che ha lo scopo di ridurre la soglia di suscettibilità del paziente, rendendolo meno vulnerabile ai fattori scatenanti. Nel corso degli anni sono state utilizzate, ed ancora oggi vengono prescritte, molte categorie farmacologiche per il trattamento preventivo tra cui ricordiamo calcio-antagonisti, beta-bloccanti, amitriptilina, antiepilettici. Studi scientifici hanno messo in evidenza che, indipendentemente dall’efficacia, molto spesso i pazienti abbandonano queste terapie per scarsa tollerabilità o eventi avversi. Oltre alla tossina botulinica, indicata solo per il trattamento dell’emicrania cronica, è uscita una nuova classe farmacologica specifica per la prevenzione dell’emicrania.
Di che cosa si tratta e che vantaggi ha questa nuova terapia?
Si tratta di anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP o il suo recettore. Il CGRP (Calcitonin gene-related peptide) è un neuropeptide diffusamente distribuito a livello del sistema nervoso centrale e periferico e presente a livello del sistema trigeminale. L’attivazione trigeminale provoca il rilascio del CGRP da parte dei terminali nervosi trigeminali e il CGRP gioca un ruolo in differenti meccanismi patogenetici dell’emicrania tra cui vasodilatazione, infiammazione neurogena, granulazione dei mastociti, sanitizzazione periferica. Naturalmente, queste terapie rivoluzionarie sono riservate ad una classe di pazienti con una patologia molto disabilitante e, al momento, sono sotto monitoraggio AIFA. Possono essere prescritti in Italia a pazienti emicranici che abbiano almeno 8 giorni di emicrania al mese e che abbiano una disabilità alla scala MIDAS pari o superiore a 11. Inoltre,pazienti con queste caratteristiche non devono avere risposto alle altre terapie preventive che variano a seconda di una forma cronica o episodica di emicrania. I vantaggi di questi farmaci sono molti. Innanzitutto, hanno pochissimi effetti collaterali (stipsi / costipazione / reazione cutanea nel sito di iniezione in una bassa percentuale di casi), sono farmaci specifici, non hanno metabolismo epato-renale, hanno una lunga emivita (si somministrano ogni 28-30 giorni) e non presentano interazioni farmacologiche.
E sulla base della teoria dell’emicrania come malattia ciclica come ci si deve comportare con la terapia?
Sicuramente, per un paziente saper prevedere quando avrà un attacco è di fondamentale importanza, soprattutto in quanto ci troviamo di fronte a soggetti nel pieno dell’attività lavorativa e che, spesso, a causa dell’emicrania, sono costretti a letto e non possono vivere la propria vita lavorativa, familiare e sociale. Pertanto, per le forme a periodicità prevedibile si possono attuare le cosiddette miniprofilassi cicliche con assunzione di sintomatico solo nel periodo in cui l’attacco è atteso; questo tipo di approccio può essere fatto sia con analgesici che con i triptani e magari in futuro con i ditani.
Intervista a cura di Roberto Nappi