Gli studi sul dolore hanno un patrimonio culturale antico quanto l’uomo. Da sempre il dolore è stato oggetto di terrore, curiosità, rispetto, superstizione, studio. In questo testo si cerca di risalire alle radici filosofiche, soprattutto del nostro millennio, che furono le premesse della ricerca scientifica.
Thomas Nagel, filosofo americano contemporaneo afferma che “la filosofia è l’infanzia dell’intelletto” volendo con ciò dire, come annota Nicola Abbagnano, che la filosofia è all’origine di tutte le ricerche intellettuali che l’uomo intraprende, perché è la percezione originaria di quei problemi che la vita presenta e che l’uomo deve risolvere”. Il dolore è massimamente uno di questi e i filosofi tennero in gran conto il problema, soprattutto interessati, com’è loro prassi, a tentarne una definizione.
Aristotele portò i termini alla loro enunciazione più semplice, definendo il dolore come “una emozione opposta al piacere”, mentre uno dei più significativi e originali filosofi quale Martin Heidegger (1889-1976) definisce il dolore in modo non chiaro come “la via al fondamentale dell’essere”. Ma non vi è stato periodo nella storia. Grande è stata l’intuizione di Cartesio e quell’omino rimane a simbolo di ciò che sarà evidenziato in seguito con il crescente affermarsi degli studi di anatomia e di fisiologia del sistema nervoso. Sarebbe comunque errato svilire il concetto espresso da Milton relegandolo nel prescientifico: quando la scienza sperimentale non esiste ancora è giocoforza che la cultura organizzi comunque, sui problemi che maggiormente la turbano, delle ipotesi causali compatibili con lo spirito dei tempi ed efficaci.
Tratto da “Cultura e dolore: dalla filosofia alla scienza” (1996) di Mario Tiengo (1922-2010), tra i Fondatori in Italia della Terapia del Dolore e primo titolare al mondo di una Cattedra Universitaria sulla Terapia del Dolore
Ho avuto la fortuna di frequentare per decenni il Prof. Mario Tiengo, più che un amico per me, quasi un secondo padre. Tantissimi ricordi mi legano alla sua genialità, che spaziava da complesse formule matematiche di Fisiologia cellulare a profonde disquisizioni filosofiche, con l’elegante semplicità dei Grandi. Ricordo la luce del suo sguardo quando mi confidò di avere conferito al comune amico Prof. Giuseppe Nappi il “Premio Algos”, in tempi in cui il mal di testa sembrava non avere casa nella comunità scientifica: anche per questo è bello rileggere Mario, proprio su “Cefalee Today”.
Massimo Radaelli, Direttore generale C.I.R.N.A.