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Notizie ed Eventi

L’Intelligenza Artificiale applicata alle Cefalee: ausilio a supporto del medico o pericoloso strumento per scavalcarlo?

26 Luglio 2023

È la rivoluzione tecnologica dell’anno: le intelligenze artificiali, disponibili su vasta scala e gratuite, stanno cambiando in profondità il modo di vivere e lavorare di milioni di persone. In alcuni settori già si organizzano agitazioni professionali per il timore della sostituzione della manodopera da parte di questi strumenti. Molti scrittori, grafici ed esperti di marketing si chiedono se dovranno cercarsi altri lavori, mentre ci si domanda quali saranno le successive attività a rischio.
Ebbene sì, tra di esse vi è pure la professione medica, essendo recentemente riuscita Chat GPT, la più famosa di queste intelligenze artificiali, a superare brillantemente il difficile esame di abilitazione alla professione medica degli Stati Uniti d’America. Anche se ciò potrebbe sembrare solo un divertissement, molto distopico e altamente improbabile, già oggi esistono, in verità, strumenti informatici di supporto al clinico e vi sono alcune branche della medicina che maggiormente si prestano a forme più o meno spinte di automatizzazione dei processi clinico diagnostici e di monitoraggio dei pazienti. Tra esse, sicuramente la medicina delle cefalee è tra quelle che maggiormente si prestano: in più del 90 % dei casi il paziente ha una forma primitiva (quindi in cui l’esame obiettivo dovrebbe essere assolutamente normale, mentre diagnosi e gestione non dovrebbero richiedere l’esecuzione di esami strumentali). Se a ciò si unisce che la maggioranza dei pazienti affetti da mal di testa ricorrenti tende a curarsi da sola, acquistando prodotti senza obbligo prescrittivo e non ne parla mai con un medico (specialista o non), meglio si comprendono le dimensioni della faccenda: c’è dunque un folto gruppo di pazienti aventi un disturbo la cui diagnosi è squisitamente anamnestica e la cui gestione è speso delegata al fai da te, quanto tempo ci vorrà prima che tali pazienti si affidino a queste nuove possibilità? Chi si occupa di cefalea è consapevole di questo potenziale problema?
Procediamo con calma, vedendo cosa ci dice la letteratura scientifica a riguardo. Dal 1960 esistono più di 40 studi in cui sono stati presentati e sottoposti a un tentativo di validazione strumenti computerizzati per la diagnosi dell’emicrania. Per alcuni di tali strumenti, i risultati sembrerebbero essere pure incoraggianti, ma gravati dal grosso limite di necessitare sempre della presenza di un medico per supervisionare la compilazione e giungere poi alla diagnosi. Solo molto recentemente, vi è stato un tentativo di vera automatizzazione diagnostica per la sola diagnosi di emicrania proprio grazie all’applicazione di un protocollo d’intelligenza artificiale. Nel loro studio, Cowan e colleghi hanno confrontato l’accuratezza diagnostica tra un questionario autosomministrato mediante un motore diagnostico online (CDE), comunque non ancora basato su una metodica di intelligenza artificiale, e un’intervista telefonica semi-strutturata (SSI) tenuta da parte di uno specialista delle cefalee. Il CDE ha mostrato risultati paragonabili a quelli ottenuti dallo specialista mediante SSI (90,1%) ed una specificità del 95,8%. Proprio quest’anno è, infine, stato pubblicato un lavoro basato invece su un’intelligenza artificiale addestrata per fare diagnosi di cefalea con ottimi risultati sia come strumento in grado di agire in autonomia, sia come supporto per il medico non specialista nella disciplina, con una capacità di migliorare la diagnosi formulata da questi ultimo dell’83%. Insomma, tutto bene? Non proprio, lo strumento si è rivelato carente proprio nelle forme più delicate, cioè le cefalee secondarie, quelle in cui il mal di testa è sintomo di un altro disturbo, che invece necessiterebbe di essere correttamente inquadrato e indagato a fondo. Quindi, c’è ancora da lavorarci, ma sicuramente strumenti sviluppati ad hoc potrebbero essere utili per assistere i medici nel percorso di cure dei pazienti e, magari in futuro, per indurre i pazienti a rivolgersi ad uno specialista, qualora ve ne fosse bisogno. Effettivamente, se considerando che in tutti gli Stati Uniti ci sono solamente 688 specialisti della cefalea per più di 40 milioni di persone con l’emicrania, ovvero uno specialista per 58.000 pazienti emicranici, l’assistenza delle intelligenze artificiali potrebbe essere davvero utile, soprattutto ora che esistono farmaci innovativi, super-specifici e molto costosi, al fine di fornire la prescrizione appropriata a ciascun paziente, oltre che ridurre i ritardi diagnostici, terreno fertile per lo sviluppo di forme croniche di cefalea.
Quindi, da un punto di vista teorico, diciamo che l’attuale tecnologia – coerentemente con quanto osservato in altri campi della medicina – potrebbe essere un promettente strumento da coltivare e da far crescere, potendo aiutare e supportare la diagnosi delle cefalee in medici non specialisti del settore o in centri di primo livello; rimane, tuttavia, ancora insostituibile la competenza diagnostica di specialisti che operano in centri di secondo o terzo livello. Ma come abbiamo detto prima, il rischio odierno è che la giusta disponibilità universale dell’intelligenza artificiale possa in realtà portare a delle storture e che un potenziale ‘dottor ChatGPT’ possa sostituirsi ad una nostra vecchia conoscenza, il famigerato ‘dottor Google’. Il rischio è reale, andiamo ad interrogare direttamente il diretto interessato.
Digitiamo https://chat.openai.com e chiediamo:
“ChatGPT, sei in grado di fare diagnosi di emicrania?”
Pochi secondi ed ecco che arriva la brillante risposta: “Come modello di intelligenza artificiale, non sono autorizzato a fare diagnosi mediche o fornire consulenze mediche personalizzate. Sono un assistente virtuale e le informazioni che fornisco si basano su dati generici e non sostituiscono in alcun modo il parere di un professionista medico qualificato.”
Pericolo scampato, dunque? Apparentemente sì, ma noi siamo cattivi e proviamo ad insistere e ad estorcergli comunque qualche informazione in più, malgrado la protocollare reticenza:
“Mi fa male la tempia destra, pulsa e ho la nausea. Cosa potrei avere?”.
Ecco di nuovo una pronta risposta: “Mi dispiace sentire che non ti senti bene. Tuttavia, come modello di intelligenza artificiale, non sono un medico e non posso diagnosticare condizioni mediche specifiche. È importante consultare un professionista medico, come un medico di famiglia o un neurologo, per ottenere una valutazione accurata dei tuoi sintomi”.
Però poi continua a scrivere:
“Il dolore alla tempia destra, la pulsazione e la nausea possono essere causati da diverse condizioni. Alcune possibili cause potrebbero includere emicrania, tensione muscolare, sinusite, infezioni dell’orecchio o problemi dentali. In alcuni casi, potrebbe anche essere correlato a problemi neurologici o vascolari. Ti suggerisco di prendere in considerazione di fissare un appuntamento con un medico per discutere dei tuoi sintomi e ottenere una diagnosi adeguata”.
Insomma, una risposta molto formale, apparentemente approfondita, ma clinicamente estremamente imprecisa, perché tensione muscolare, sinusite o problemi dentali non dovrebbero associarsi al corteo sintomatologico descritto. Mettiamolo maggiormente alle strette e vediamo se migliora. Gli chiediamo:
“Questi sintomi sono presenti da molti anni, più volte al mese e durano un paio di giorni, cosa potrebbero essere?”.
Alcuni secondi per “riflettere”, poi la risposta: “Se i sintomi che descrivi si presentano da molti anni, si ripetono più volte al mese e durano alcuni giorni, potrebbe essere opportuno consultare un medico per una valutazione più dettagliata”.
E fin qui ci siamo, poi però prosegue:
“Anche se non posso fornire una diagnosi definitiva, posso suggerire alcune possibili cause di sintomi ricorrenti come quelli che descrivi:
Emicrania: L’emicrania è un tipo di mal di testa ricorrente caratterizzato da dolore pulsante, solitamente su un lato della testa, sensibilità alla luce, al suono e alla nausea…
Cefalea tensiva: La cefalea tensiva è un altro tipo comune di mal di testa cronico. Si caratterizza spesso da dolore sordo e pressante su entrambi i lati della testa…
Cluster headache (emicrania a grappolo): Il cluster headache è una forma di mal di testa estremamente dolorosa e ricorrente che colpisce un lato della testa. I sintomi possono includere dolore intenso intorno all’occhio, lacrimazione, congestione nasale e pallore della pelle……
Tuttavia, solo un medico può effettuare una diagnosi accurata basandosi sulla tua storia clinica completa, sui sintomi specifici e su eventuali esami aggiuntivi. Ti consiglio di fissare un appuntamento con un medico per discutere dei tuoi sintomi e ottenere una valutazione adeguata”.

Ma che mi combini, ChatGPT perché ti lanci in diagnosi imprecise se tu stessa ammetti di non poterne fare? Proviamo a farglielo notare e vediamo come reagisce: “Ma il dolore pulsante, la nausea e la durata superiore alle 24 ore, a quale forma farebbero maggiormente pensare? So che la cefalea tensiva non si associa mai a nausea e che la cefalea a grappolo dura al massimo 3 ore, è così?”.
ChatGPT, messa alle strette reagisce: “Mi scuso per l’informazione errata riguardo alla cefalea tensiva e alla cefalea a grappolo. Hai ragione nel dire che la cefalea tensiva può causare nausea solo in rari casi e che la cefalea a grappolo tende ad avere attacchi più brevi, generalmente da 15 minuti a 3 ore. Tuttavia, come accennato in precedenza, come modello di intelligenza artificiale non sono in grado di fornire diagnosi mediche specifiche. I sintomi che hai descritto, come dolore pulsante, nausea e una durata superiore alle 24 ore, potrebbero essere indicativi di un’emicrania più intensa o di altri tipi di mal di testa ricorrenti. Ti incoraggio a consultare un medico specialista, come un neurologo o un medico di famiglia, per ottenere una valutazione più precisa dei tuoi sintomi e ricevere il trattamento adeguato”.
Insomma, se l’è cavata! Ammette di non sapere e invita ad andare dal medico, forse è meno pericoloso di quel che potremmo immaginare. Per concludere, lascerei la parola proprio a ChatGPT ponendogli la domanda finale: “Puoi sostituire un medico per i pazienti con cefalea?”. Ecco la sua rassicurante risposta: “Non sono progettato per sostituire i medici o i professionisti sanitari. La professione medica richiede una vasta conoscenza, esperienza clinica e capacità di valutare in modo critico situazioni complesse. È improbabile che l’intelligenza artificiale sostituisca completamente i medici in futuro. Piuttosto, ci si aspetta che l’IA continui a essere integrata nella pratica medica per migliorare l’efficienza, l’accuratezza e l’accesso alle cure sanitarie”.

Gabriele Sebastianelli
Sapienza Università di Roma
Polo Pontino, Latina

 

Il Coriandolo e il mal di testa

26 Luglio 2023

Il Coriandolo e il mal di testa

Oggi parleremo di un’altra pianta il cui uso umano è antichissimo, da sempre apprezzato sia in cucina che per le sue presunte qualità terapeutiche: il coriandolo (Coriandrum sativum).
Il nome deriva dalla parola greca corys (cimice) e dal suffisso -ander (somigliante),perché i frutti acerbi e le foglie fresche avrebbero un odore che ricorda quello dell’insetto.
Una curiosità circa il nome: nell’antichità, i semi glassati venivano consumati a carnevale e spesso lanciati sui passanti. Da qui i nostri coriandoli di carta colorata.
Membro della famiglia delle Apiaceae (Umbelliferae), originario dell’Europa Centrale e dell’Asia (è anche detto prezzemolo cinese), ha rapidamente viaggiato assieme agli esseri umani, diffondendosi ovunque arrivassero i nostri antenati: vi sono prove del suo utilizzo umano fin dal neolitico (grotta di Nahal Hemar in Israele), inoltre suoi resti conservati sono stati trovati anche nella tomba di Tutankhamon (a riprova del fatto che pure gli antichi egizi lo coltivassero e apprezzassero, sebbene la pianta non fosse originaria di quella zona). È attestato tra una delle prime spezie portate dai coloni inglesi in Nord America, fin dal 1670, e da quelli olandesi nell’attuale Sudafrica.
Dal punto di vista del suo utilizzo in cucina, il coriandolo deve il proprio successo al fatto che se ne siano sempre utilizzate sia le foglie (come per il prezzemolo, appartenente alla stessa famiglia) che i semi (come per il finocchio, il cumino e l’aneto, altri suoi lontani parenti).
Come dicevamo, il nome rimanda alle cimici, il cui odore è particolarmente sgradevole, ma allora perché questa pianta ha avuto così successo? Perché in realtà il suo gusto ha a che fare con un fenomeno biologico particolarmente strano: in base al background genetico, vi è chi trova il sapore di questa pianta dolce, molto rinfrescante e dal gusto che ricorda il lime, chi invece lo trova amaro e sgradevole. Ciò dipende dalla sensibilità alle aldeidi insature, composti aromatici di cui la pianta è ricca, sia nelle foglie che nei semi.
Questa pianta è sempre stata usata, con varie indicazioni, in diverse medicine tradizionali (prevalentemente per il trattamento di disturbi gastrointestinali come inappetenza, dispepsia, flatulenza, diarrea, dolore e vomito) e in molti casi la recente ricerca scientifica ne ha confermato gli effetti benefici. Infatti, gli oli essenziali di semi ed erbe di coriandolo sono stati studiati attivamente per la loro composizione chimica (ricca di linalolo, un monoterpenoide con effetti di tipo sedativo e ansiolitico e acido petroselinico, un acido grasso omega-12) e le loro attività biologiche, tra cui quelle antimicrobiche, antiossidanti, ipoglicemizzanti, ipolipidemizzanti, ipotensive, ansiolitiche, analgesiche, antinfiammatorie, anticonvulsivanti, antitumorali e neuroprotettive.
Il coriandolo è considerato sicuro e ben tollerato, come è stato evidenziato da studi di tossicità sugli animali. Tuttavia, potrebbe abbassare glicemia e pressione arteriosa, pertanto è raccomandata prudenza per i soggetti particolarmente a rischio. Ma perché parlarne nel mal di testa? Perché anche in questo caso, lo si è sempre utilizzato. Già Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia, riferiva che mettendo alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino all’alba si potesse far passare la cefalea. Il razionale dell’utilizzo del coriandolo per questa applicazione è molto forte. In studi condotti su modelli animali è stato osservato un effetto analgesico e antinfiammatorio, quindi in grado di agire su entrambe le componenti del dolore emicranico, quella centrale neurogena e quella periferica infiammatoria. Lo stesso linalolo, cui facevamo cenno pocanzi, ha particolari effetti sia analgesici che antinfiammatori. Inoltre, è stato pure condotto uno studio clinico, pubblicato nel 2016, randomizzato, controllato con placebo, in triplo cieco che ha esaminato gli effetti benefici del coriandolo su pazienti con emicrania. In questo studio, della durata di un solo mese, 68 adulti con emicrania episodica sono stati sono posti in terapia con valproato di sodio e sciroppo di frutti di coriandolo o con uno sciroppo placebo. Rispetto al gruppo placebo, l’assunzione di coriandolo è stata associata ad una maggiore riduzione della durata, dell’intensità e della frequenza delle crisi emicraniche. In particolare, la frequenza delle crisi emicraniche nei partecipanti che assumevano coriandolo è risultata inferiore di circa il 50% rispetto a quella riportata dai partecipanti del gruppo placebo.
Anche se questo studio preliminare sul coriandolo è positivo, la solidità dei risultati osservati è limitata dalle ridotte dimensioni della popolazione in esame e dalla breve durata dell'osservazione.
Inoltre, i suoi effetti preventivi come trattamento a sé stante per l’emicrania sono sconosciuti, poiché questo studio ha indagato i suoi effetti solo in aggiunta al valproato di sodio.
E voi, il coriandolo lo usavate già nelle vostre pietanze?

A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia

LOTTA ALL’EMICRANIA: OTTIMI RISULTATI E CALABRIA APRIPISTA

28 Giugno 2023

Catanzaro - I progressi della medicina contro la diffusissima emicrania (2° patologia invalidante per l’OMS) sono concreti e la Calabria ne è apripista. Con questa premessa confortante e prestigiosa si sono tenute le sessioni di lavoro che hanno animato la due giorni del IX Congresso calabrese della SISC, la Società italiana studio cefalea. All’assise regionale, svoltasi al THotel di Feroleto Antico (Catanzaro), hanno preso parte decine di professionisti, medici e infermieri, provenienti dalle varie strutture calabresi, cui si sono aggiunti contributi di colleghi arrivati anche da Milano, Roma, Parma, Palermo e Bari. 

“La ricerca ha fatto passi enormi a favore di quel 12% della popolazione italiana che ne soffre – ha detto il presidente nazionale SISC Franco Granella - sono arrivati nuovi farmaci che per la prima volta sono stati pensati per la fisiopatologia, cioè le cause che portano al disturbo. Fino ad ora usavamo farmaci più generici; adesso con le cure monoclonali a base di CGRP si ottiene il duplice obiettivo di combattere l’infiammazione ed ottenere un drastico calo del dolore. La Calabria per questa specifica patologia – ha aggiunto Granella – è una regione all’avanguardia che ha fatto addirittura registrare casi di emigrazione sanitaria al contrario, con gente venuta da fuori per curarsi presso i centri cefalee esistenti”.

Anche il direttore scientifico del congresso Rosario Iannacchero conferma: “Siamo in una fase altamente evoluta: abbiamo realizzato i Pdta, individuato i nodi di implementazione di questa rete, testato la omogeneizzazione della diagnosi e proceduto alle attività formative degli specialisti. Soprattutto – ha aggiunto il coordinatore Sisc Calabria – abbiamo seduto allo stesso tavolo medici e pazienti che fanno sinergia, con il dipartimento alla salute e persino rappresentanti politici (era presente al talk introduttivo il consigliere regionale Davide Tavernise ndr) che ci prestano i primi sostegni adeguati”.

A testimoniare la ‘santa alleanza’ tra i medici ed i pazienti Lara Merighi, da venti anni a capo di Al.Ce., l’alleanza di pazienti cefalalgici che conta circa 16mila iscritti. “Mi ritenevo una persona sbagliata con i miei dolori fino a quando ho scoperto il conforto di condividere tutto anche con gli altri – ha detto la Merighi giunta apposta da Ferrara - I pazienti che soffrono si iscrivono chiedendo dove possono trovare medici che ascoltano e prendono sul serio questo problema. La politica? Non tutta è sensibile, visto che la malattia è pure di tipo invisibile.” Nel 2020 il governo ha riconosciuto la cefalea cronica come malattia invalidante ma ancora oggi mancano i decreti attuativi. Una battaglia che al momento segna più punti a favore sul lato pratico medico-scientifico che su quello normativo.

Link Video Congressi SISC Calabria

Dottor_Iannacchero_e_Dottor_Trimboli
Dottor_Michele_Trimboli
Foto_di_Gruppo
IX_Congresso_SISC_-_Platea
IX_Congresso_SISC_-_Talk_su_Cefalea_
Rosario_Iannacchero_coordinatore_SISC_Calabria_

TERZO SETTORE E UNIVERSITÀ A SUPPORTO DEI PAZIENTI CEFALALGICI

27 Maggio 2023
Il Prof. Franco Lucchese è stato per anni parte fondamentale del mondo della Fondazione CIRNA e di Alleanza Cefalalgici.
Stava lavorando a un evento che portasse nella sua Università il tema del supporto dei pazienti cefalalgici.
A quasi un anno dalla sua scomparsa, questo evento è diventato realtà grazie al lavoro in particolare della sua collega Prof.ssa Federica Galli.
Partecipate numerosi a questo appuntamento il prossimo 15 giugno perchè PIU' SIAMO, PIU' CONTIAMO!

Scarica il programma in formato pdf

Cefalea cronica: la legge ha tre anni, ma dei decreti attuativi non c'è ancora traccia

25 Maggio 2023

L'approvazione della legge del 2020 per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale é stata salutata come una rivoluzione dai quasi set milioni di persone che nel nostro paese convivono con questo disturbo. Mancavano solo 1 decreti attuativi per veder riconosciuta finalmente, ufficialmente, la natura invalidante di quelli che per troppo tempo sono stati considerati dei semplici "mal di testa.

Ma qualcosa si è inceppato: i pazienti hanno atteso fiduciosi i 180 giorni previsti dalla norma; poi altri 700. A febbraio, finalmente, il Ministero della Salute ha presentato
le sue linee di indirizzo alla Conferenza Stato Regioni.  Sembrava fatta, ma sono trascorsi altri tre mesi, e dei decreti attuativi in Gazzetta Ufficiale ancora non c'è traccia.
La legge continua, insomma, a rimanere lettera morta. E visto che, per una volta, i soldi ci sono - 5 milioni l'anno, 10 in totale per 1l 2023 e 11 2024 - si rischia pure di sprecarli se non si procederà al più presto ad organizzare bandi e
progetti. Per i pazienti, pero, non è questo il problema principale: quella che chiedono è la certezza che lo stato riconosca, al più presto, la loro malattia.

Che cos'e la cefalea primaria cronica

La cefalea primaria cronica raggruppa tutte quelle forme di dolore alla testa frequente che non possono essere spiegate come sintomo di un'altra patologia sottostante. Proprio per questa natura vaga - e per l'assenza di terapie risolutive - sono stati
derubricati per decenni a semplici mal di testa. Un termine talmente quotidiano che diventa causa di stigma quando è riferito a una sintomatologia che, per chi ne soffre, si rivela invece invalidante.

"E come vivere sull'orlo di un precipizio", racconta a Salute Lara Merighi Coordinatrice Nazionale di Alleanza Cefalalgici, Al.Ce. Group Italia - CIRNA Foundation Onlus.

"Non sai se domani non avrai mal di testa. Lo può causare il tempo, il vento, anche un dispiacere. Tutto per il nostro cervello può rivelarsi eccessivo, e per salvarsi dice adesso smetti di pensare. Scatena il mal di testa, e siamo costretti a fermarci. E anche quando il mal di testa va via i sintomi rimangono.
L'ansia, lo stato ansioso, c'è sempre. La paura che il mal di testa ritorni non va mai via".

A soffrirne sono piu spesso le donne. Il problema esordisce in giovane età, e rende difficile studiare, lavorare, vivere in modo sereno la propria quotidianità e la vita famigliare. Perché si parli di cefalea primaria cronica il problema deve presentarsi quasi
quotidianamente da almeno tre mesi, con effetti invalidanti che raramente i semplici analgesici riescono a tenere a bada.

"Ho visto pazienti che prendono anche cinque o dieci pastiglie al giorno per poter avere una vita normale", racconta Federica Galli, professoressa di psicologia clinica della Sapienza di Roma.

"Per questi pazienti spesso le terapie di profilassi del dolore dopo poco tempo non sono efficaci. E arriva anche quella che viene definita cefalea da abuso di farmaci, un'assuefazione agli antidolorifici che aumenta la facilita con cui arriva 1l mal di testa,
creando un circolo vizioso in cui più si assumono analgesici più il dolore si presenta e si cronicizza, e non risponde più alle medicine".

Cosa prevede la legge approvata

La legge approvata nel 2020 dovrebbe dare un riconoscimento alla patologia a livello nazionale. Passaggio obbligato per una diagnosi corretta, che vedrà il coinvolgimento di centri specializzati che stanno sorgendo in tutta Italia. E arrivare poi, in
futuro, all'inserimento delle cefalee primarie croniche nei Livelli essenziali di assistenza, che aiuterebbe i pazienti anche a sostenere i costi ingenti della patologia, stimati intorno a 2 mila e 600 euro ogni anno.

Perché servono le linee di indirizzo.

Le linee di indirizzo presentate a febbraio in Conferenza Stato Regioni prevedono anche un tesoretto da 10 milioni di euro, in due anni, indirizzato alla realizzazione di programmi innovativi di presa in carico multispecialistica. Progetti che prevedono tutta una serie di specialisti che vanno preparati ad hoc, e la stesura di protocolli che richiedono tempo. E se i soldi non arrivano alle regioni, queste ovviamente non si possono attivare. E il rischio che i progetti vadano in fumo si fa sempre più concreto. "Piu tempo trascorre - continua Galli - e meno si riusciranno a concretizzare quelle che sono state delle intenzioni assolutamente lodevoli".

Non è 'solo un mal di testa’

Per i pazienti, lo dicevamo, la pubblicazione dei decreti attuativi ha pero un'importanza ancora più essenziale.

E il simbolo di una lotta durata quasi 20 anni per veder riconosciuta la loro patologia. Per poter chiamare finalmente malattia quei mal di testa che, troppo spesso, hanno sentito sminuire come un problema che hanno un po' tutti, "Fino a che la
legge non entrerà in vigore, fin quando la nostra malattia non ha un codice, noi non esistiamo", conclude Merighi. "Quando la legge troverà finalmente applicazione la nostra diventerà una malattia riconosciuta, sul lavoro, nel mondo della scuola.

Non potranno piu dirci 'E solo un mal di testa’. Non potranno più farci sentire persone sbagliate, ma dovranno invece trattarci come persone che hanno una malattia.

Per noi che lo aspettiamo da un'intera vita, anche una settimana di attesa in più diventa molto difficile da sopportare.

E sono già passati tre anni"

Articolo di Simone Valesini
Repubblica Salute del 22 Maggio 2023

Giornata Nazionale del Mal di Testa - 27 Maggio 2023

25 Maggio 2023

Il prossimo 27 maggio 2023 si svolgerà la Giornata Nazionale del Mal di Testa, oramai alla XV edizione, organizzata anche quest’anno assieme alla Società Italiana di Neurologia. Verranno realizzati per la diffusione sui social brevi video di risposta a domande formulate da pazienti, con il coinvolgimento diretto delle Sezioni Regionali, trattando tutti gli aspetti più interessanti per il pubblico delle cefalee primarie.

Vi invitiamo a condividere e diffondere quanto più possibile l'iniziativa con colleghi e pazienti tramite i canali social:

 

  • https://www.facebook.com/paginaSISC/
  • https://www.facebook.com/sinneurologia

 

  • https://twitter.com/SISCCefalee
  • https://twitter.com/SinNeurologia

 

  • https://instagram.com/sisccefalee
  • https://instagram.com/sinneurologia

Alleanza Cefalalgici – Al.Ce. Group CIRNA Foundation Onlus è sempre a fianco di tutte le Società Scientifiche che si occupano della salute di tutte le persone organizzando eventi che ci fanno sentire meno soli.

Un grandissimo grazie da parte di tutta l'Associazione Al.Ce. alle Società Scientifiche che si occupano di Cefalee SISC e SIN

Nuovo numero di Confinia Cephalalgica et Neurologica 1/2023

28 Aprile 2023

Il nuovo numero 1/2023 della rivista è disponibile ora a questo link https://www.mattioli1885journals.com/index.php/confinia/issue/view/853.

SOMMARIO

Editorial

Un affascinante romanzo a più strati - Walter Minella

History of medicine

The history of Encephalitis Lethargica: an Italian treatment for a still little-known disease. The experience of the Siena psychiatric hospital in the first half of the twentieth century. in a museum and archival research – Mariano Martini, Francesco Brigo, Davide Orsini

Multidisciplinary research in neurosciences

Notes on the concept of fear – Giuseppe Civitarese

HEADACHE AND PAIN RESEARCH

How cultivate internal resources to improve physical and brain health – Licia Grazzi, Giorgio Sandrini, Cesare Peccarisi

Books

Books – Editorial office

Supplementum

Expert consensus document on criteria for assessing disability and invalidity in chronic primary headache. From the law to the implementation of diagnostic-therapeutic pathways – Editorial office

CONVEGNO “TUTTA CUORE E CERVELLO”

12 Aprile 2023

CONVEGNO “TUTTA CUORE E CERVELLO”

Emicrania e differenze di genere

Auditorium Giorgio Gaber Piazza Duca d'Aosta, 3 – Milano
Giovedì, 20 aprile 2023
9.00 – 13.40

Scarica il programma in formato pdf

Nuovo numero di Cefalee Today n.134 disponibile

31 Marzo 2023

E' disponibile il nuovo numero 134 di Cefalee Today del mese di marzo

Leggi tutto...

Editoriale - Cefalee Today n.134

31 Marzo 2023
Ben ritrovati amiche e amici, eccoci giunti al termine di un inverno mite, pronto a volgere in primavera, stagione spesso sfortunata per i sofferenti di cefalea a grappolo, ma più amata da quegli emicranici che soffrono particolarmente i climi più estremi.
Aspettavamo in questi giorni la notizia della rimborsabilità per i gepanti (una nuova classe di farmaci sintomatici per l’emicrania e attivi pure come profilassi, di cui vi accennavo in chiusura dell’editoriale precedente) e l’immissione in commercio del nuovo anticorpo monoclonale da fare endovena trimestralmente, ma ancora non abbiamo avuto nuove, purtroppo.
Tuttavia, questo inverno non è passato invano per noi cefalalgici perché qualcosa si sta muovendo sul fronte della legge 81/2020, che riconosceva le cefalee croniche primarie come patologie ad impatto sociale, mai entrata in vigore per la mancanza dei decreti attuativi. Il Ministero della Salute ha fatto giungere all’attenzione della Conferenza Stato Regioni il decreto sull’adozione delle “Linee di indirizzo per la realizzazione dei progetti regionali finalizzati a sperimentare metodi innovativi di presa in carico delle persone affette da cefalea primaria cornica”, destinando ad esso un budget di 10 milioni per il biennio 2023/24, da suddividere per le varie regioni. Certo, è poco se confrontato al notevole impatto della patologia, ma è pur sempre un inizio. Avanti così.

Mi perdonerete se, prima di introdurre i contenuti di questa edizione, comincio questo editoriale facendo le condoglianze al nostro Roberto Nappi, colonna portante e motore inarrestabile del nostro piccolo periodico, che ha subito un grave e inatteso lutto. Ci stringiamo tutti attorno al suo dolore.

Veniamo ora ai contributi presenti su questo numero. Iniziamo dall’intervista al professor Vittorio Di Piero responsabile del Centro Cefalee del Policlinico Umberto I di Roma e della terapia subintensiva neurologica dello stesso ospedale (a quattro mani con la dottoranda Giada Giuliani). Proprio in virtù della sua duplice competenza, ne approfittiamo per approfondire con lui la relazione bidirezionale esistente tra cefalee e problemi cerebrovascolari.
Nell’intervista, il prof. Di Piero parla di fattori di rischio metabolici e di aumentato fabbisogno energetico del cervello dei soggetti con emicrania, fornendo quasi un pallonetto per introdurre il secondo articolo, che affronta proprio il tema del metabolismo neuronale dei pazienti con emicrania. Si tratta di un estratto di un mio webinar dedicato ai membri dell’associazione pazienti che aveva suscitato molto interesse e mi è quindi stato chiesto di lasciarne traccia scritta proprio qui su Cefalee Today. Non potevo, ovviamente, tirarmi indietro, quindi mi scuso con voi per l’eccesso di esposizione personale in questo numero.

Per la rubrica “la Cefalea in cucina”, la dottoressa Eleonora Di Pietro, biologa nutrizionista dell’Associazione Eupraxia, ci racconterà la magnifica e incredibile storia della noce moscata, una spezia che forse ha determinato il destino del Mondo Moderno, per come noi lo conosciamo. Non immaginavo minimamente potesse essere stata tanto costosa e importante né le suo potenzialità curative nella cefalea. La prossima volta devo ricordare di grattugiarne un po’, hai visto mai!

Infine, per la rubrica Amarcord, recuperiamo un articolo datato dicembre 2003, del dottor Alberto Proietti Cecchini, ottimo collega e grande esperto di cefalee. Il tema è sempre attuale: si parla della nevralgia del trigemino. È una delle diagnosi più sovrastimante nel mondo delle cefalee, spesso causa di confusione e perdita di tempo per il paziente che, convinto di avere tale disturbo, non curerà la propria forma di mal di testa. Mi auguro che la lettura di questo articolo possa tornarvi utile, magari leggendolo vi riconoscerete nella diagnosi o capirete che non si tratta del vostro caso e che quindi siete solo incappati in una diagnosi imprecisa.

Come sempre, spero che gli argomenti siano di vostro gradimento.
Buona lettura e fateci conoscere i vostri commenti.

Cefalee e malattie cerebrovascolari: una relazione bidirezionale

31 Marzo 2023

Le cefalee e le malattie cerebrovascolari sono patologie neurologiche piuttosto comuni ed apparentemente distanti tra loro. Infatti, la prima viene tradizionalmente considerata “una malattia benigna”, priva di sequele a lungo termine, mentre le seconde sono fortemente temute per i possibili severi correlati clinici.

Tutte le cefalee sono pericolose?

Bisogna distinguere tra forme primarie e quelle secondarie, cioè legate ad una precisa causa organica. Naturalmente, quest’ultime possono rivestire carattere di estrema urgenza, ad esempio nell’emorragia subaracnoidea. Esistono degli algoritmi diagnostici che ci aiutano nella fase acuta a distinguere tra forme primarie e secondarie anche mediante un razionale uso delle neuroimmagini.

Il legame con le malattie cerebrovascolari interessa tutti i tipi di cefalea?

Tra le cefalee primarie, l’emicrania è quella più strettamente connessa alla patologia cerebrovascolare. Numerosi studi supportano l’esistenza di un aumentato rischio ischemico nei pazienti emicranici rispetto alla popolazione generale. Tale rischio appare sostanzialmente maggiore nell’emicrania con aura e, nelle giovani donne affette, aumenta ulteriormente quando la malattia si associa ad abitudine tabagica o a terapia estroprogestinica. Un esordio tardivo dell’aura emicranica (dopo i 50 anni di età) ed un’elevata frequenza degli attacchi di cefalea sembrano comportare un maggior rischio cerebrovascolare, mentre non emerge alcuna relazione con la durata di malattia. C’è da dire che seppur aumentato il rischio reale è molto basso.

Quali fattori comuni alle due patologie sono responsabili di questo legame?

La relazione tra cefalea e malattie cerebrovascolari non è ancora completamente nota. I pazienti con ictus ischemico affetti da emicrania presentano una ridotta incidenza dei comuni fattori di rischio vascolare (come ipertensione arteriosa e diabete mellito), suggerendo che meccanismi strettamente legati alla cefalea possano essere implicati nella genesi del danno. L’encefalo del paziente emicranico ha un fabbisogno energetico maggiore rispetto a quello del soggetto non emicranico, a causa della condizione di ipereccitabilità corticale e dello stato proinfiammatorio indotti dalla malattia. L’aumentata eccitabilità corticale, infatti, è presente anche al di fuori degli attacchi ed è responsabile dell’ipersensibilità agli stimoli sensoriali, spesso riferita dai pazienti. Rimane da chiarire se questo substrato possa comportare una maggior suscettibilità nei confronti dello sviluppo di lesioni ischemiche, soprattutto in presenza di altri fattori precipitanti.

Nella pratica clinica, nei pazienti emicranici vengono riscontrate spesso delle “aree gliotiche” alle neuroimmagini che sono causa di notevole preoccupazione ed ansia. Di cosa si tratta? C’è una relazione con l’ischemia cerebrale?

Chi si occupa di emicrania sa bene che una percentuale non trascurabile dei suoi pazienti presenta lesioni cerebrali subcliniche. Queste alterazioni del parenchima cerebrale, spesso scoperte accidentalmente in occasione di esami di neuroimaging e ben più frequenti (fortunatamente!) degli eventi ischemici, hanno una prevalenza più alta negli emicranici rispetto alla popolazione generale. Compaiono piuttosto precocemente in corso di malattia e, nella maggior parte dei casi, non mostrano progressione nel tempo; sono inoltre prive di ripercussioni sulla sfera cognitiva. Tuttavia, i meccanismi responsabili della loro genesi rimangono sconosciuti e numerosi fattori sono stati chiamati in causa, in assenza di dati che confermino la loro natura ischemica. Quando presenti, il medico deve da un lato rassicurare il paziente e dall’altro escludere potenziali cause delle lesioni osservate, come condizioni pro-trombotiche o fonti emboligene. A questo proposito, è utile segnalare che il riscontro della pervietà del forame ovale, malformazione cardiaca che è molto frequente non solo tra gli emicranici ma anche nella popolazione generale, non richiede di per sé alcun intervento correttivo in assenza di un correlato sintomatologico clinico.

Cosa può fare allora il paziente affetto da emicrania per ridurre il suo rischio cerebrovascolare?

In assenza della completa comprensione dei meccanismi fisiopatologici sottostanti, il paziente emicranico potrà beneficiare come tutti di uno stile di vita sano, attraverso la pratica regolare di attività fisica, evitando l’abitudine tabagica e controllando i fattori di rischio vascolari classici (ipertensione, diabete e dislipidemia). E’ interessante segnalare un algoritmo (QRISK-3) che calcola il rischio di eventi cardiovascolari nei successivi 10 anni: il punteggio finale è il risultato, oltre che dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare, anche della presenza di altre patologie, tra cui l’emicrania. A questo si aggiunge la scelta oculata dei farmaci da utilizzare per la terapia in acuto e per la profilassi dell’emicrania.

Abbiamo parlato della relazione tra emicrania ed ictus ischemico. Esiste un legame tra cefalea ed altre malattie cerebrovascolari?

La cefalea può essere il sintomo d’esordio di malattie vascolari moto gravi, come l’emorragia subaracnoidea dove il sintomo dolore è preminente e spesso riferito come il peggiore mai provato. Per altre patologie, come l’attacco ischemico transitorio (TIA) o l’emorragia intracerebrale, la relazione con l’emicrania è ancora dibattuta ed oggetto di indagine.


Perché definiamo il legame tra cefalea e malattie cerebrovascolari “bidirezionale”?

La cefalea rappresenta la manifestazione principale od iniziale di numerosi eventi vascolari. In presenza di una cefalea di nuova insorgenza o atipica per un dato paziente, devono essere considerate nella diagnosi differenziale alcune rare malattie cerebrovascolari. Oltre all’emorragia subaracnoidea, una trombosi venosa cerebrale può manifestarsi esclusivamente con cefalea, con un dolore olocranico, di lunga durata e non responsivo agli analgesici, o di spiccata intensità, lancinante (cefalea “a rombo di tuono”). In alcune condizioni particolari, è il campanello d’allarme di temibili patologie: così nella donna in gravidanza o durante il puerperio può essere la spia di una sindrome da vasocostrizione cerebrale reversibile (RCVS) o della sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRESS).

Intervista a cura di Roberto Nappi

Il paradosso dell’emicrania spiegato attraverso il metabolismo neuronale

31 Marzo 2023

L’emicrania è una malattia decisamente sui generis: tende ad avere un andamento intrafamiliare transgenerazionale (cioè, come le malattie a trasmissione genetica ricorre in più persone di diverse generazioni nella stessa famiglia), colpisce prevalentemente le persone negli anni della vita riproduttiva, ha un quadro clinico imprevedibile e non obiettivabile, caratterizzato da una grave disabilità e un forte dolore (le due cose non sempre coincidono) che potrebbe anche ridurre la probabilità di avere rapporti sessuali, quindi di procreare.
Lo studio delle malattie genetiche ci insegna che disturbi di questo tipo dovrebbero essere autolimitanti: nessuno tenderebbe a fare figli con un partner spesso indisponibile, su cui non poter fare totalmente affidamento; quindi, il tratto genetico dell’emicrania dovrebbe essere svantaggiato nella competizione darwiniana e pertanto essere poco diffuso. Ma non è così. È il paradosso dell’emicrania: ha una grande prevalenza, contraddicendo ogni nostra presunta certezza scientifica.
Come mai?
Essere persone predisposte a soffrire di emicrania, evidentemente, deve (o doveva) avere altri vantaggi, che forse abbiamo perso nel mondo moderno, magari legati proprio al funzionamento del nostro cervello. In effetti, il cervello umano ha alcune caratteristiche specifiche che distinguono la nostra specie dalle altre (e l’emicrania è un disturbo presente solo nel genere umano). In particolare, il cervello pesa circa il 2% del nostro corpo, ma per il proprio fabbisogno energetico consuma circa il 20% dell’ossigeno del nostro sangue; quindi, è un organo molto energivoro e tale voracità va soddisfatta, pena gravi danni neuronali, come quelli che si osservano in condizioni di ipossia transitoria (basti pensare ai danni neurologici permanenti associati alla sindrome delle apnee ostruttive). La frustrazione dell’elevata richiesta energetica da parte del cervello è legata notoriamente alla patogenesi della crisi di emicrania. Infatti, il cervello dei soggetti con emicrania si trova frequentemente in deficit energetico, o per una ridotta disponibilità dei substrati (il carburante) da parte dell’organismo o per un suo maggior consumo per inefficienza energetica/maggiori performances (come accade alle auto la cui carburazione non è ben regolata o a quelle particolarmente prestanti e sportive). Insomma, il cervello di questi pazienti si trova più facilmente di altri senza energie; dovrebbe esserne pertanto danneggiato, ma invece della morte neuronale arriva la crisi emicranica.
Quindi, il dolore emicranico potrebbe essere il prezzo da pagare per non subire danni: tutto rallenta e si blocca (quindi il cervello consuma meno energia e il suo fabbisogno è soddisfatto da quella disponibile) durante l’attacco, al termine del quale tutto riparte (molti pazienti riferiscono proprio che al termine della crisi recuperano un immediato benessere, come se non l’avessero mai avuta).
In altre parole, il dolore sembrerebbe proteggere il cervello da conseguenze ben peggiori. Quindi, sarebbe una sorta di antifurto o di spia che si accende sul cruscotto per avvisarci di un’anomalia e consentirci di fermarci tempestivamente senza subire danni ben peggiori. Ma se l’emicrania fosse un optional che ci avvisa di un’anomalia e ci obbliga a fermarci, la malattia di fondo quale sarebbe? Probabilmente proprio la predisposizione al deficit energetico che, approfondendosi troppo, lascia il cervello a secco di carburante. Forse, proprio quest’optional in passato ha salvato i nostri antenati, spingendoli all’adozione di atteggiamenti più conservativi, per scongiurar il rischio della crisi.
Così facendo, gli emicranici hanno potuto prosperare nel loro poco accogliente habitat naturale, recentemente cambiato di pari passo con il progresso. Ma esiste una seconda possibilità, anch’essa legata al cambiamento di stile di vita. È possibile, infatti, che in passato il rapporto tra energia disponibile per il cervello e richiesta energetica dell’organismo fosse più favorevole. I motivi potrebbero essere i seguenti. Da un lato, in passato si viveva in maniera più semplice, con ritmi meno serrati ed esposti a minori stress (immaginate solo come l’introduzione dei telefoni cellulari negli ultimi 30 anni abbia cambiato le nostre vite, rendendoci iperconnessi e superattivi in ogni momento), mentre oggi invece la società incentiva una sorta di viraggio ipomaniacale negli individui con la richiesta di fare sempre di più e meglio rispetto al passato. Dall’altro lato, abbiamo modificato drasticamente il nostro rapporto con le calorie: in passato ci si muoveva tanto, ma si mangiava poco e raramente. Oggi siamo diventati tutti sedentari e abbiamo accesso illimitato alle calorie, spesso provenienti dal cosiddetto cibo spazzatura, che è in grado di modificare il funzionamento del nostro cervello, paradossalmente agevolando proprio l’instaurarsi del deficit energetico alla base dell’emicrania, perché tutte le calorie disponibili, anziché essere a disposizione del fabbisogno energetico tenderanno preferenzialmente a creare tessuto adiposo. Quindi più calorie si introducono dal cibo spazzatura, meno se ne avranno a disposizione per far funzionare correttamente il cervello. A riprova di ciò c’è il fatto che adottare una dieta controllata, basata su “cibo sano”, ha sempre mostrato di portare benefici sulla cefalea in numerosi studi. Ma c’è dell’altro, la sedentarietà associata al cambio di dieta agevola lo squilibrio nel rapporto tra massa magra (che cala) e massa grassa (che cresce), anch’esso in grado di ridurre ancora di più il nostro dispendio calorico a riposo, diminuendo il metabolismo basale e agevolando la creazione di tessuto adiposo, sottraendo ancor più calorie alla soddisfazione del fabbisogno energetico. Ciò innesca pure un circolo vizioso in grado d’indurre una serie di modifiche ormonali e neurotrasmettitoriali agevolanti lo scatenarsi degli attacchi emicranici.
Questa ipotesi è suffragata da numerosi indizi. Per iniziare, nei soggetti sovrappeso/obesi, maggiore è il peso, peggiore sarà l’emicrania; poi, l’attività fisica regolare (in grado di modificare il metabolismo da una modalità lipogenetica ad una lipolitica, incrementando la disponibilità di energia utilizzabile) sembrerebbe avere un effetto protettivo sul mal di testa, malgrado lo sforzo fisico sia un noto trigger per l’emicrania che dovrebbe quindi avere un effetto negativo; come già detto, inoltre, ridurre il cibo spazzatura ha un effetto protettivo sul mal di testa; infine, più nei paesi in via di sviluppo si adottano stili di vita occidentali, più sembra aumentare la prevalenza dell’emicrania.
Come detto, ci sono molteplici neurotrasmettitori e ormoni coinvolti in questo processo, ma sicuramente la parte principale sembrerebbe averla un ormone: l’insulina che, oltre ad abbassare la glicemia, svolge numerose funzioni nel nostro cervello, tra cui quelle neurotrasmettitoriali (di tipo algogeno e infiammatorio). Numerosi studi hanno mostrato che i soggetti emicranici sono predisposti ad avere un tratto biologico chiamato insulino-resistenza. In sostanza, l’organismo risponde poco allo stimolo di questo ormone, che dovrà quindi esser prodotto in maggior quantità dal pancreas per tenere a bada la glicemia, il cui controllo risulterà alterato, con numerosi episodi di ipoglicemia in età giovanile (per l’eccessiva produzione insulinica) e di iperglicemia in età avanzata (prodromici del diabete di tipo 2, che appunto è detto “insulino-resistente”). Tanto l’insulina alta che la glicemia bassa, tipici dell’età giovanile, sarebbero noti fattori di scatenamento delle crisi emicraniche. Anche l’insulino-resistenza è un paradosso della genetica: un tratto ereditario diffusissimo nella popolazione, ma foriero di numerosi disturbi, anche gravi (obesità, diabete, ipertensione, policistosi ovarica, endometriosi, emicrania, demenza). Pure per questa condizione si è ipotizzato che in passato, quando ci si muoveva tanto ma si mangiava poco e raramente, avesse una funzione protettiva, consentendo di assimilare meglio tutte le calorie ingerite e potendone disporre all’occorrenza. Come per l’emicrania, insomma, l’insulino-resistenza sarebbe vittima del cambio di stile di vita, avendo la sedentarietà e il cibo spazzatura reso svantaggioso un tratto genetico precedentemente protettivo.
Può sembrare un concetto difficile da capire, ma vi faccio un esempio più intuitivo.
Le persone con la pelle molto chiara che vivono alle latitudini più settentrionali della terra sono il frutto di una forte spinta evolutiva; il tratto genetico della pelle chiara si è selezionato rendendo più agevole la sopravvivenza in zone con meno esposizione solare (fondamentale per produrre la vitamina D). Quindi, se immaginiamo un soggetto con la pelle molto chiara, magari biondo e con gli occhi azzurri, potremmo definirlo come il top dell’evoluzione umana per vivere ad esempio in Scandinavia; ma se questa persona andasse a vivere all’equatore, sarebbe notevolmente svantaggiata, perché esposta a numerose patologie, anche mortali, conseguenti alla sua incapacità di sopportare il maggior irraggiamento solare, dal quale dovrà proteggersi con numerosi accorgimenti, limitanti il proprio stile di vita. Quindi, lo stesso profilo genetico sarà protettivo o nocivo a seconda dell’ambiente e dello stile di vita: vale per la carnagione, vale per l’insulino-resistenza, vale pure per l’emicrania. Prendersi cura del proprio mal di testa, pertanto, non potrà limitarsi al solo assumere farmaci, ma dovrà necessariamente tener conto di una profonda analisi e osservazione, indagando sulla propria predisposizione biologica e sullo stile di vita, al fine di ripristinare un corretto metabolismo neuronale.
Se piove, apriamo un ombrello per proteggerci, ma poi cerchiamo di tornare a casa, dove siamo al sicuro. I farmaci sono l’ombrello, il cambio di stile di vita il viaggio verso casa, il posto in cui siamo noi stessi senza correre alcun pericolo.

Dott. Cherubino Di Lorenzo
Direttore Scientifico Cefalee Today

La Cefalea in cucina - Cefalee Today n.134

31 Marzo 2023

La noce moscata e il mal di testa

Questa volta voglio raccontarvi di una spezia che apparentemente c’entra poco col mal di testa, ma non è proprio così, perché ho appena scoperto una storia molto affasciante che ha a che fare con essa. Una di quelle storie che quando la senti pensi non possa essere vera, ma poi scopri che lo è (almeno, stando a quanto dicono i siti di quotidiani ed Enciclopedie)!
La spezia è la noce moscata (seme decorticato del frutto della pianta Myristica Fragrans), originaria di un arcipelago indonesiano, quello delle isole Molucche, in particolare della parte che va sotto il nome delle isole Banda, nello specifico dell’Isola di Run. Questa isola fu al centro di una disputa tra le due superpotenze commerciali del XVII secolo: l’Inghilterra e l’Olanda. Non deve stupire, perché all’epoca questa spezia costava, al peso, più dell’oro e non la si produceva altrove nel Mondo. Per porre fine alla guerra, gli olandesi conclusero un patto con gli inglesi: ottennero il controllo dell’isola, concedendo alla controparte il controllo di un malsano isolotto paludoso nel Nord America, quella che oggi conosciamo col nome di Manhattan, attorno alla quale crebbe la città di New York. Insomma, gli olandesi barattarono la città più ricca e importante del mondo per una piantagione di Myristica Fragrans.
La noce moscata ha dunque cambiato la storia del mondo! Come mai questa spezia, nota fin dai tempi degli antichi greci e romani, era così preziosa? Perché in realtà non solo era la base per preparare numerosi piatti, sia dolci che salati, ma anche ampiamente utilizzata proprio per le sue decantate capacità curative.
Il nome della spezia deriva da Mascate, capitale dell’Oman, punta estrema della penisola araba e pare proprio che i medici arabi (continuatori della tradizione ippocratica e galenica), tra cui spiccarono Avicenna (da molti considerato il padre della medicina moderna), Albucasis, Avenzoar, Averroè e Maimonide, valorizzarono molto le proprietà curative di questo prezioso seme.

Ma andiamo a vedere nel dettaglio le principali proprietà di questa spezia. Ricca di fitosteroli, terpeni ed eugenolo, è stata usata da sempre per le sue proprietà antisettiche, antiparassitarie, antiossidanti, oltre che eupeptiche e carminative (aiuta la digestione e sgonfia la pancia). Tutto ciò consentiva ai cibi conditi con questa spezia di conservarsi più a lungo ed esser digeriti meglio, senza esporre chi li avrebbe consumati al rischio di contrarre tossinfezioni alimentari. Inoltre, l’eugenolo ha pure un’importante effetto disinfettante, per cui oggi (prodotto sinteticamente) trova applicazione in campo odontoiatrico e dermatologico. Infine, più di recente è stato evidenziato un effetto analgesico e antinfiammatorio dell’olio essenziale contenuto nel seme, con un’azione inibitoria dell’enzima COX- 2, lo stesso su cui agiscono i farmaci antinfiammatori non steroidei. Tale effetto è in grado di bloccare la produzione di prostaglandine, molecole dell’infiammazione e del dolore, coinvolte nella patogenesi dell’emicrania. Pertanto, tale olio essenziale, somministrato sia per via transcutanea che orale è in grado di avere un effetto analgesico. Proprio in virtù di questo, in molte tradizioni mediche popolari asiatiche (come nella medicina ayurvedica), la noce moscata è utilizzata anche per contrastare la cefalea, in particolar modo l’emicrania, per la sinergia tra effetto antinfiammatorio e antinausea (come per certi farmaci di combinazione particolarmente graditi ai nostri pazienti). Mancano, però, studi controllati e trials clinici specifici, purtroppo, per confermare tale indicazione, ma i presupposti sono effettivamente validi e promettenti.
Attenzione però, non è tutto oro quel che luccica. Proprio a confermare la presenza di molecole bioattive nella noce moscata, occorre ricordare che l’uso di questa spezia in quantità eccessive non è scevro da effetti collaterali, anche gravi. Per cominciare, il suo odore può far venire mal di testa in soggetti particolarmente osmofobici (infastiditi dagli odori). Inoltre, anche piccole quantità assunte con regolarità possono determinare un certo impegno epatico, rendendo più difficoltoso il metabolismo di altri farmaci assunti in contemporanea, portando ad un aumento delle concentrazioni plasmatiche di quest’ultimi.
I principi attivi contenuti nella spezia possono avere effetti teratogeni sulle donne in gravidanza, mentre l’ingestione di dosi eccessive può portare a stati dissociativi, convulsioni e addirittura al decesso.
Quindi, noce moscata sì, ma con moderazione. A proposito, agli olandesi convenne stipulare quell’accordo con gli inglesi per tornare a controllare l’isola di Run?
Purtroppo, no: quando abbandonarono l’isola, gli anglosassoni portarono con sé numerose piante e contadini in grado di coltivarle, realizzando numerose piantagioni nelle varie colonie tropicali da loro controllate. Ciò pose fine al monopolio della produzione e commercializzazione della noce moscata da parte degli olandesi e ne determinò un notevole abbassamento di prezzo, rendendo molto più accessibile questa preziosa spezia.

A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia

8 Marzo, giornata internazionale della donna

08 Marzo 2023
8 marzo è la giornata internazionale della donna.
In Italia circa 6 milioni di persone soffrono di emicrania.
È una malattia neurologica che colpisce soprattutto il sesso femminile e rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del genere umano, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanita (OMS) (1)
Colpisce molto di più le donne rispetto agli uomini con un’incidenza di 3:1. (2)
Gli attacchi nella donna sono più severi, lunghi, disabilitanti con più sintomi associati rispetto all’uomo.
Gli studi ci riferiscono che, nelle donne, l’emicrania compare spesso in concomitanza con il menarca. Con il ciclo mestruale gli attacchi possono essere molto invalidanti ed i contraccettivi e la gravidanza possono influenzare sia il numero che la gravità degli episodi, così come la menopausa e la terapia sostitutiva.
Tutto questo porta ad una percentuale elevata di disabilità riscontrata sia a livello personale che famigliare e lavorativo (3)
1_Global Burden of Diseases, 2016
2_Stewart et al., Neurology 1994;44(suppl4): S17-S23
3_Lipton RB et al. Headache. 200
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