Nuovo numero di Cefalee Today n.135 disponibile
E' disponibile il nuovo numero 135 di Cefalee Today del mese di Giugno
E' disponibile il nuovo numero 135 di Cefalee Today del mese di Giugno
Rieccoci, care amiche e cari amici, è tornata l’estate: per molti, momento di maggior leggerezza e vacanza; per altri, di peggiori cefalee a causa del caldo e della maggiore irradiazione solare. Sì, lo so, sembra che a noi cefalalgici non vada mai bene nulla, ma tant’è: abbiamo un cervello delicato e dobbiamo trattarlo con cura. Sembrano frasi fatte, ma ricordatevi di idratarvi molto, usare occhiali da sole di buona qualità (meglio se quelli specifici per emicranici, se ne trovano tanti su internet, ma quasi tutti di provenienza USA), un cappello leggero e a falde larghe (tipo un Panama di paglia) per refrigerare il capo, ed evitare di uscire nelle ore più calde. Ogni estate poi la solita domanda: “Aria condizionata, sì o no?”. Eh, la questione è dibattuta: la Letteratura scientifica dice che qualunque ambiente poco confortevole (eccessivamente caldo o freddo, quindi) può scatenare o aggravare la cefalea, mentre l’aria condizionata si conferma un trigger molto comune. Quindi, usatela con parsimonia, mai esponendovi al flusso d’aria diretto e senza abbassare eccessivamente la temperatura (già 5 gradi in meno rispetto a quella esterna possono esser sufficienti per avere un giusto comfort).
Dopo la necessaria premessa con le istruzioni per l’uso dell’estate, e prima di entrare nel vivo dei contenuti del corrente numero, vorrei prima dirvi che il 15 giugno si è tenuto a Roma il convegno “TERZO SETTORE E UNIVERSITÀ A SUPPORTO DEI PAZIENTI CEFALALGICI: In ricordo del Prof. Franco Lucchese”, per ricordare il nostro amico e collega prematuramente scomparso. È stata l’occasione per fare un po’ il punto della situazione su molte questioni ancora lasciate in sospeso, come nel caso dell’intervento della On. Arianna Lazzarini, dal titolo: “La cefalea cronica come malattia sociale: a che punto è l’iter legislativo”. Insomma, resta alta la guardia su una norma che ci sta molto a cuore, nella speranza che si possa presto festeggiare questi tanto attesi decreti attuativi.
Veniamo ora ai contributi presenti su questo numero.Iniziamo dall’intervista fatta dal nostro Roberto Nappi al dott. Gabriele Corrao, neurologo, esperto di cefalee e osservatore dei fenomeni social relativi agli aspetti sanitari. Motivo dell’intervista è l’uscita di un recente articolo scientifico che affronta il tema del rapporto tra i social media e il mondo della cefalea. Si tratta di una disanima approfondita, che esplora nel dettaglio questa complessa relazione, in cui ad esempio, si affronta il rischio dell’infodemia, un eccesso d’informazione che paradossalmente svuota di contenuto ciò che si legge perché si fatica a distinguere il contenuto valido da quello scadente e inattendibile. Vi sono pure spunti interessanti per capire come noi operatori sanitari e membri di organizzazioni professionali e di pazienti dovremmo fare per comunicare in maniera valida con l’utenza.
Sempre per rimanere nel tema della tecnologia, l’articolo a cura del dottor Gabriele Sebastianelli affronta il tema dell’anno: l’intelligenza artificiale. Ormai questo strumento prende sempre più piede nella vita di tutti i giorni, anche in campo sanitario. Ogni giorno escono nuovi articoli scientifici che approfondiscono il ruolo e il possibile utilizzo di questo potente mezzo in diversi ambiti della medicina, mentre sempre più utenti acquistano familiarità nell’utilizzo di strumenti gratuiti come ChatGPT che, secondo molti osservatori, soppianterà a breve il famigerato “dr. Google” nella gestione fai da te delle malattie. Dobbiamo averne paura o potrà rivelarsi uno strumento utile per medici e pazienti?
Per la rubrica Amarcord, un pezzo di agosto 2008 a cura della dottoressa Rosita Trotti su Emicrania e Sovrappeso, argomento a me caro, caratterizzato da un mefitico legame ormai noto da anni, ma per il quale si fa sempre molto poco, contro ogni ragionevole buonsenso. Sì, lo so, anche i normopeso e i sottopeso soffrono di emicrania, non vogliamo far passare un messaggio sbagliato “pro anoressia”, ma è altrettanto erroneo sottovalutare le conseguenze dell’obesità o dell’effetto stimolante l’appetito di molti farmaci di profilassi per l’emicrania.
Infine, per la rubrica “la Cefalea in cucina”, nel suo nuovo articolo, la dottoressa Eleonora Di Pietro, biologa nutrizionista dell’Associazione Eupraxia, ci parla di una spezia utilizzata fin dall’età della pietra e coltivata in tutto il mondo: il coriandolo. Ebbene, i suoi effetti protettivi sul mal di testa sono attestati fin dall’antichità, ne parla pure Plinio il Vecchio, sì proprio quello morto durante l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano. Confesso che ignoravo tutti i benefici attribuiti a questa pianta. Davvero una felice scoperta.
Come sempre, spero che gli argomenti siano di vostro gradimento. Buona lettura e fateci conoscere i vostri commenti..
Dott. Cherubino Di Lorenzo
Direttore Scientifico Cefalee Today
Lo scorso mese di maggio è stato pubblicato sulla rivista BMC Neurology un commento, redatto dal gruppo di studio del Dr. Faisal Mohammad Amin del prestigioso Centro Cefalee dell’Università di Copenhagen, che affronta un tema che sta molto a cuore alla nostra community, che vive soprattutto on line, grazie ai social network. Affronta il tema del ruolo crescente dei media elettronici nella cefalea. Ne parliamo con Gabriele Corrao, neurologo, esperto di cefalee e osservatore dei fenomeni social relativi agli aspetti sanitari, che lo ha letto e commentato per noi:
Dottor Corrao, perché parlare di Social Media nel campo delle cefalee?
Già agli albori della diffusione di internet si era posto il problema di come divulgare e informare gli utenti utilizzando le “moderne” piattaforme elettroniche, rispettando i criteri deontologici di indipendenza, imparzialità, esclusivo interesse per il paziente e corretta informazione. A tali questioni, già nel lontano maggio del 1996, risposero il Professor Jean-Raoul Scherrer ed il consigliere di Stato Ginevrino Guy-Olivier Segond stilando il protocollo HONCode (Health on the Network Code), un insieme di regole per la corretta informazione e divulgazione sanitaria che è, ad oggi, nella sua versione aggiornata, uno tra i “gold” standard mondiali di riferimento. Tuttavia, da una decina di anni a questa parte internet è molto cambiato e da una comunicazione più statica e verticale, formata da pagine HTML, blog e newsletter si è passati ad uno scambio più orizzontale con un diretto coinvolgimento tra gli utenti. È esperienza comune che tutti siamo diventati reporter ed influencer della nostra vita, coinvolgendo i nostri amici e parenti in un divertente scambio perpetuo di informazioni, emozioni e foto. L’ articolo del Professor Amin si focalizza sui social media più diffusi che sono Facebook e YouTube. Questi sono utilizzati regolarmente da oltre due terzi degli adulti nel mondo occidentale. Poiché l’uso di Internet e dei social media continua a crescere, queste piattaforme rappresentano un’eccellente opportunità per diffondere le conoscenze sulla gestione e sui trattamenti a beneficio dei nostri pazienti. Diverse organizzazioni che si occupano di cefalee (l’International Headache Society, l’European Headache Federation e l’American Headache Society) utilizzano i social media per promuovere e mettere in luce le proprie competenze e diffondere i risultati della Ricerca sia ai pazienti che agli operatori sanitari. Questa divulgazione avviene prevalentemente attraverso i loro siti web e i loro profili “social”, offrendo ai pazienti un facile accesso alle informazioni mediche più affidabili e verificate.
Quindi sono tutti aspetti positivi?
Purtroppo, no. Esiste il rischio che i pazienti trovino sui social media informazioni non accurate o create da persone non qualificate con l’intento di trarre profitto dalla sofferenza altrui. Di fatto, gli autori rilevano che i contenuti più popolari sulla gestione dell’emicrania su Google e YouTube, pur generando centinaia di milioni di visualizzazioni, non sono basati sull’evidenza scientifica e molto spesso sono chiaramente diffusi a scopo di lucro. Gli autori dello studio sottolineano come la scorretta, a volte ingannevole, divulgazione può portare a trattamenti inadeguati, se non dannosi e pericolosi per la salute. Il paziente cefalalgico, già poco supportato in famiglia e anche purtroppo soventemente mal gestito da qualche operatore sanitario, tende, nella sua dolorosa solitudine, a trovare un primo conforto nei mezzi informatici di comunicazione di massa ricorrendo molto spesso al fai-da-te e quindi posticipando la definizione di una corretta diagnosi e di una ottimale gestione dei farmaci anti emicranici in acuto ed in cronico. Molto spesso si nota, tra i nostri pazienti, che questo doloroso “vagabondaggio” digitale porta ad iniziare una corretta profilassi personalizzata e sapientemente “cucita” sul singolo paziente in ritardo con cronicizzazioni che potevano essere prevenute o quanto meno mitigate. Frequentemente, si rileva che il paziente, in assoluta buona fede, ricorre all’assistenza sanitaria adeguata e specialistica solo al termine di un lungo e infruttuoso pellegrinaggio presso “terapisti” ed “esperti” di dubbia specie, i quali si approfittano della solitudine e dell’anonimato di internet.
Nell’articolo che commentiamo oggi si parla pure dell’Infodemia, di che si tratta?
Infodemia è la crasi di “informazione” ed “epidemia” e si riferisce a un eccesso di informazioni su un argomento, come ad esempio una malattia, non sempre affidabili. La gestione delle infodemie nell’era digitale ha un ruolo sempre più importante nella gestione clinica di una malattia, soprattutto perché spesso i social media sono la fonte primaria o esclusiva di informazioni dei pazienti per alcuni disturbi. È proprio così nel caso dell’emicrania che in alcuni Paesi non è nemmeno riconosciuta come un vero disturbo neurobiologico ed è fortemente stigmatizzata, gettando i pazienti nello sconforto. Nell’era digitale, gli operatori sanitari dovrebbero cercare di influenzare il ruolo che le potenti piattaforme dei social media possono svolgere nella pratica della medicina per proteggere i pazienti e migliorare il nostro lavoro quotidiano. Ciò si può realizzare con il progressivo coinvolgimento in maniera professionale di tutte le Istituzioni sanitarie e organizzazioni coinvolte nella promozione della salute dei pazienti con cefalea. In qualità di operatori sanitari e membri di organizzazioni scientifiche che si occupano di cefalee, abbiamo l’obbligo di dare priorità all’educazione dei pazienti e degli altri operatori sanitati mediante la diffusione delle conoscenze più recenti e di tutte le informazioni fondamentali.
Ma all’atto pratico come è possibile sensibilizzare adeguatamente il pubblico?
Più di 1 miliardo di persone nel mondo è affetto da emicrania e i social media sono punti di accesso validi per informare questa numerosa popolazione. Ad oggi, questi sforzi hanno avuto un buon impatto, ma c’è ancora spazio per un miglioramento. Ad esempio, nell’articolo si cita il caso della Danish Headache Society, una società nazionale che non ha ancora una strategia consolidata per i social media e ha ricevuto un limitato numero di interazioni quando ha pubblicato il suo programma di riferimento per la diagnosi e il trattamento dei disturbi da cefalea. Al contrario, l’American Headache Society, una società che dà priorità alla diffusione online con risorse dedicate e con una strategia di social media che include diverse piattaforme, ha generato per contenuti simili in un periodo di tempo comparabile 60 volte più interazioni sui social media. Ancora meglio hanno fatto la European Headache Federation e la European Academy of Neurology che, con una recente guida open access in dieci passi per la gestione dell’emicrania, hanno finora raggiunto oltre 3 milioni di interazioni, 10 volte di più di quanto fatto dalla società americana. Per una volta possiamo affermare che l’Italia è fra i migliori, infatti da diversi anni la Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC), in collaborazione con la Società Italiana di Neurologia (SIN), ha promosso delle piccole “mini pillole” su YouTube e Facebook dove esperti qualificati realizzavano dei mini video (della durata di qualche minuto) per rispondere alle domande più frequenti dei pazienti cefalalgici in modo chiaro, conciso e diretto. Ecco, questi quattro esempi sono delle rappresentazioni di strategie vincenti che possono aiutare a ridurre lo iato, la distanza, fra pazienti e mondo sanitario in un contesto innovativo, accattivante e costruttivo. Ovviamente, non nascondo che tutto ciò prevede un grande costo per gli operatori, ma è un orizzonte ideale a cui tutti dobbiamo tendere. È possibile che vi siano differenze nella popolazione target e nella rilevanza (ad esempio, società nazionali o internazionali), ma possiamo e dobbiamo cercare di ottimizzare i fattori che massimizzano la diffusione di informazioni convalidate.
Si sa quali potrebbero essere i contenuti con maggior coinvolgimento per i pazienti sui social media?
I contenuti sull’emicrania forniti dai pazienti vengono visualizzati più spesso e per una durata maggiore rispetto a quelli degli operatori sanitari, che su YouTube rappresentano meno del 10% dei video più visti. Dal punto di vista dei contenuti, la medicina complementare e alternativa e gli approcci non farmacologici sono molto apprezzati dai pazienti, anche se i dati sui potenziali benefici di queste terapie sono discordanti. Le ragioni di queste preferenze possono essere molteplici, ma, in gran parte, si basano su un deficit di capacità comunicativa da parte dell’operatore sanitario. Purtroppo, infatti, solo da pochi anni i corsi di studi in medicina e l’interazione con altre professionalità come gli psicologi o gli esperti di comunicazione stanno portando i medici a riflettere e comprendere su come si “fa” informazione ed educazione sanitaria. È una giusta conseguenza del cambiamento del paradigma della professione medica nell’ alveo più grande della cura del paziente, ed è un nostro obbligo, morale e poi formativo, rispettare le volontà del paziente informandolo correttamente e rendendolo protagonista delle sue scelte. Inoltre, numerosi studi hanno evidenziato che un aumento della “buona” comunicazione fra pazienti e medici crea maggiore empatia e minor distanza. Ad esempio, nella loro narrazione i pazienti sono spesso umoristici e fanno esempi aneddotici che possono colpire di più chi ascolta, aumentando la probabilità di attrarre followers fidelizzati, rispetto ai freddi numeri e alle statistiche descritte dai medici. In tal senso, ad esempio, presentare le informazioni statistiche sottoforma di grafici potrebbe essere un modo semplice per aumentare l’impatto e la diffusione dei dati corretti. Un altro strumento potenzialmente attrattivo per gli operatori sanitari potrebbe essere il rispondere direttamente alle domande e ai dubbi dei pazienti sui social media, come con l’esempio che vi ho citato prima della SISC.
Dunque, quali sono le prospettive per il futuro?
Come operatori sanitari abbiamo la responsabilità di fornire informazioni chiare, libere, indipendenti e robuste ai nostri pazienti e ai nostri colleghi per aumentare l’alfabetizzazione sanitaria sulla cefalea. La chiave per affrontare la crescente infodemia dei disturbi da cefalea non è solo generare maggiori conoscenze, ma anche affrontare l’attuale panorama di informazioni disponibili e diffondere le conoscenze già in nostro possesso sulla gestione clinica. Riconosciamo che diverse società scientifiche hanno già realizzato valide campagne su diverse piattaforme di social media che hanno avuto un’influenza notevole; tuttavia, servono ulteriori sforzi per valutare le informazioni disponibili sulla cefalea nei media elettronici, caratterizzare le conseguenze dirette e indirette sulla gestione clinica e identificare le migliori pratiche e strategie per migliorare la nostra comunicazione sulle piattaforme di comunicazione basate su Internet. Tutti questi sforzi miglioreranno la comunicazione tra medici e pazienti, proteggendo questi ultimi da informazioni sbagliate e pericolose, quindi riducendo e mitigando il peso globale della malattia.
Intervista a cura di Roberto Nappi
È la rivoluzione tecnologica dell’anno: le intelligenze artificiali, disponibili su vasta scala e gratuite, stanno cambiando in profondità il modo di vivere e lavorare di milioni di persone. In alcuni settori già si organizzano agitazioni professionali per il timore della sostituzione della manodopera da parte di questi strumenti. Molti scrittori, grafici ed esperti di marketing si chiedono se dovranno cercarsi altri lavori, mentre ci si domanda quali saranno le successive attività a rischio.
Ebbene sì, tra di esse vi è pure la professione medica, essendo recentemente riuscita Chat GPT, la più famosa di queste intelligenze artificiali, a superare brillantemente il difficile esame di abilitazione alla professione medica degli Stati Uniti d’America. Anche se ciò potrebbe sembrare solo un divertissement, molto distopico e altamente improbabile, già oggi esistono, in verità, strumenti informatici di supporto al clinico e vi sono alcune branche della medicina che maggiormente
si prestano a forme più o meno spinte di automatizzazione dei processi clinico diagnostici e di monitoraggio dei pazienti. Tra esse, sicuramente la medicina delle cefalee è tra quelle che maggiormente si prestano: in più del 90 % dei casi il paziente ha una forma primitiva (quindi in cui l’esame obiettivo dovrebbe essere assolutamente normale, mentre diagnosi e gestione non dovrebbero richiedere l’esecuzione di esami strumentali). Se a ciò si unisce che la maggioranza dei pazienti affetti da mal di testa ricorrenti tende a curarsi da sola, acquistando prodotti senza obbligo prescrittivo e non ne parla mai con un medico (specialista o non), meglio si comprendono le dimensioni della faccenda: c’è dunque un folto gruppo di pazienti aventi un disturbo la cui diagnosi è squisitamente anamnestica e la cui gestione è speso delegata al fai da te, quanto tempo ci vorrà prima che tali pazienti si affidino a queste nuove possibilità? Chi si occupa di cefalea è consapevole di questo potenziale problema?
Procediamo con calma, vedendo cosa ci dice la letteratura scientifica a riguardo. Dal 1960 esistono più di 40 studi in cui sono stati presentati e sottoposti a un tentativo di validazione strumenti computerizzati per la diagnosi dell’emicrania. Per alcuni di tali strumenti, i risultati sembrerebbero essere pure incoraggianti, ma gravati dal grosso limite di necessitare sempre della presenza di un medico per supervisionare la compilazione e giungere poi alla diagnosi. Solo molto recentemente, vi è stato un tentativo di vera automatizzazione diagnostica per la sola diagnosi di emicrania proprio grazie all’applicazione di un protocollo d’intelligenza artificiale. Nel loro studio, Cowan e colleghi hanno confrontato l’accuratezza diagnostica tra un questionario autosomministrato mediante un motore diagnostico online (CDE), comunque non ancora basato su una metodica di intelligenza artificiale, e un’intervista telefonica semi-strutturata (SSI) tenuta da parte di uno specialista delle cefalee. Il CDE ha mostrato risultati paragonabili a quelli ottenuti dallo specialista mediante SSI (90,1%) ed una specificità del 95,8%. Proprio quest’anno è, infine, stato pubblicato un lavoro basato invece su un’intelligenza artificiale addestrata per fare diagnosi di cefalea con ottimi risultati sia come strumento in grado di agire in autonomia, sia come supporto per il medico non specialista nella disciplina, con una capacità di migliorare la diagnosi formulata da questi ultimo dell’83%. Insomma, tutto bene? Non proprio, lo strumento si è rivelato carente proprio nelle forme più delicate, cioè le cefalee secondarie, quelle in cui il mal di testa è sintomo di un altro disturbo, che invece necessiterebbe di essere correttamente inquadrato e indagato a fondo. Quindi, c’è ancora da lavorarci, ma sicuramente strumenti sviluppati ad hoc potrebbero essere utili per assistere i medici nel percorso di cure dei pazienti e, magari in futuro, per indurre i pazienti a rivolgersi ad uno specialista, qualora ve ne fosse bisogno. Effettivamente, se considerando che in tutti gli Stati Uniti ci sono solamente 688 specialisti della cefalea per più di 40 milioni di persone con l’emicrania, ovvero uno specialista per 58.000 pazienti emicranici, l’assistenza delle intelligenze artificiali potrebbe essere davvero utile, soprattutto ora che esistono farmaci innovativi, super-specifici e molto costosi, al fine di fornire la prescrizione appropriata a ciascun paziente, oltre che ridurre i ritardi diagnostici, terreno fertile per lo sviluppo di forme croniche di cefalea.
Quindi, da un punto di vista teorico, diciamo che l’attuale tecnologia – coerentemente con quanto osservato in altri campi della medicina – potrebbe essere un promettente strumento da coltivare e da far crescere, potendo aiutare e supportare la diagnosi delle cefalee in medici non specialisti del settore o in centri di primo livello; rimane, tuttavia, ancora insostituibile la competenza diagnostica di specialisti che operano in centri di secondo o terzo livello.
Ma come abbiamo detto prima, il rischio odierno è che la giusta disponibilità universale dell’intelligenza artificiale possa in realtà portare a delle storture e che un potenziale ‘dottor ChatGPT’ possa sostituirsi ad una nostra vecchia conoscenza, il famigerato ‘dottor Google’. Il rischio è reale, andiamo ad interrogare direttamente il diretto interessato.
Digitiamo https://chat.openai.com e chiediamo:
“ChatGPT, sei in grado di fare diagnosi di emicrania?”
Pochi secondi ed ecco che arriva la brillante risposta: “Come modello di intelligenza artificiale, non sono autorizzato a fare diagnosi mediche o fornire consulenze mediche personalizzate. Sono un assistente virtuale e le informazioni che fornisco si basano su dati generici e non sostituiscono in alcun modo il parere di un professionista medico qualificato.”
Pericolo scampato, dunque? Apparentemente sì, ma noi siamo cattivi e proviamo ad insistere e ad estorcergli comunque qualche informazione in più, malgrado la protocollare reticenza:
“Mi fa male la tempia destra, pulsa e ho la nausea. Cosa potrei avere?”.
Ecco di nuovo una pronta risposta:
“Mi dispiace sentire che non ti senti bene. Tuttavia, come modello di intelligenza artificiale, non sono un medico e non posso diagnosticare condizioni mediche specifiche. È importante consultare un professionista medico, come un medico di famiglia o un neurologo, per ottenere una valutazione accurata dei tuoi sintomi”.
Però poi continua a scrivere:
“Il dolore alla tempia destra, la pulsazione e la nausea possono essere causati da diverse condizioni. Alcune possibili cause potrebbero includere emicrania, tensione muscolare, sinusite, infezioni dell’orecchio o problemi dentali. In alcuni casi, potrebbe anche essere correlato a problemi neurologici o vascolari. Ti suggerisco di prendere in considerazione di fissare un appuntamento con un medico per discutere dei tuoi sintomi e ottenere una diagnosi adeguata”.
Insomma, una risposta molto formale, apparentemente approfondita, ma clinicamente estremamente imprecisa, perché tensione muscolare, sinusite o problemi dentali non dovrebbero associarsi al corteo sintomatologico descritto. Mettiamolo maggiormente alle strette e vediamo se migliora. Gli chiediamo:
“Questi sintomi sono presenti da molti anni, più volte al mese e durano un paio di giorni, cosa potrebbero essere?”.
Alcuni secondi per “riflettere”, poi la risposta: “Se i sintomi che descrivi si presentano da molti anni, si ripetono più volte al mese e durano alcuni giorni, potrebbe essere opportuno consultare un medico per una valutazione più dettagliata”.
E fin qui ci siamo, poi però prosegue:
“Anche se non posso fornire una diagnosi definitiva, posso suggerire alcune possibili cause di sintomi ricorrenti come quelli che descrivi:
Emicrania: L’emicrania è un tipo di mal di testa ricorrente caratterizzato da dolore pulsante, solitamente su un lato della testa, sensibilità alla luce, al suono e alla nausea…
Cefalea tensiva: La cefalea tensiva è un altro tipo comune di mal di testa cronico. Si caratterizza spesso da dolore sordo e pressante su entrambi i lati della testa…
Cluster headache (emicrania a grappolo): Il cluster headache è una forma di mal di testa estremamente dolorosa e ricorrente che colpisce un lato della testa. I sintomi possono includere dolore intenso intorno all’occhio, lacrimazione, congestione nasale e pallore della pelle……
Tuttavia, solo un medico può effettuare una diagnosi accurata basandosi sulla tua storia clinica completa, sui sintomi specifici e su eventuali esami aggiuntivi. Ti consiglio di fissare un appuntamento con un medico per discutere dei tuoi sintomi e ottenere una valutazione adeguata”.
Ma che mi combini, ChatGPT perché ti lanci in diagnosi imprecise se tu stessa ammetti di non poterne fare? Proviamo a farglielo notare e vediamo come reagisce: “Ma il dolore pulsante, la nausea e la durata superiore alle 24 ore, a quale forma farebbero maggiormente pensare? So che la cefalea tensiva non si associa mai a nausea e che la cefalea a grappolo dura al massimo 3 ore, è così?”.
ChatGPT, messa alle strette reagisce: “Mi scuso per l’informazione errata riguardo alla cefalea tensiva e alla cefalea a grappolo. Hai ragione nel dire che la cefalea tensiva può causare nausea solo in rari casi e che la cefalea a grappolo tende ad avere attacchi più brevi, generalmente da 15 minuti a 3 ore. Tuttavia, come accennato in precedenza, come modello di intelligenza artificiale non sono in grado di fornire diagnosi mediche specifiche. I sintomi che hai descritto, come dolore pulsante, nausea e una durata superiore alle 24 ore, potrebbero essere indicativi di un’emicrania più intensa o di altri tipi di mal di testa ricorrenti. Ti incoraggio a consultare un medico specialista, come un neurologo o un medico di famiglia, per ottenere una valutazione più precisa dei tuoi sintomi e ricevere il trattamento adeguato”.
Insomma, se l’è cavata! Ammette di non sapere e invita ad andare dal medico, forse è meno pericoloso di quel che potremmo
immaginare. Per concludere, lascerei la parola proprio a ChatGPT ponendogli la domanda finale: “Puoi sostituire un medico per i pazienti con cefalea?”. Ecco la sua rassicurante risposta: “Non sono progettato per sostituire i medici o i professionisti sanitari. La professione medica richiede una vasta conoscenza, esperienza clinica e capacità di valutare in modo critico situazioni complesse. È improbabile che l’intelligenza artificiale sostituisca completamente i medici in futuro. Piuttosto, ci si aspetta che l’IA continui a essere integrata nella pratica medica per migliorare l’efficienza, l’accuratezza e l’accesso alle cure sanitarie”.
Gabriele Sebastianelli
Sapienza Università di Roma
Polo Pontino, Latina
Il Coriandolo e il mal di testa
Oggi parleremo di un’altra pianta il cui uso umano è antichissimo, da sempre apprezzato sia in cucina che per le sue presunte qualità terapeutiche: il coriandolo (Coriandrum sativum).
Il nome deriva
dalla parola greca corys (cimice) e dal suffisso -ander (somigliante),perché i frutti acerbi e le foglie fresche avrebbero un odore che ricorda quello dell’insetto.
Una curiosità circa il nome: nell’antichità, i semi glassati venivano consumati a carnevale e spesso lanciati sui passanti. Da qui i nostri coriandoli di carta colorata.
Membro della famiglia delle Apiaceae (Umbelliferae), originario dell’Europa Centrale e dell’Asia (è anche detto prezzemolo cinese), ha rapidamente viaggiato assieme agli esseri umani, diffondendosi ovunque arrivassero i nostri antenati: vi sono prove del suo utilizzo umano fin dal neolitico (grotta di Nahal Hemar in Israele), inoltre suoi resti conservati sono stati trovati anche nella tomba di Tutankhamon (a riprova del fatto che pure gli antichi egizi lo coltivassero e apprezzassero, sebbene la pianta non fosse originaria di quella zona). È attestato tra una delle prime spezie portate dai coloni inglesi in Nord America, fin dal 1670, e da quelli olandesi nell’attuale Sudafrica.
Dal punto di vista del suo utilizzo in cucina, il coriandolo deve il proprio successo al fatto che se ne siano sempre utilizzate sia le foglie (come per il prezzemolo, appartenente alla stessa famiglia) che i semi (come per il finocchio, il cumino e l’aneto, altri suoi lontani parenti).
Come dicevamo, il nome rimanda alle cimici, il cui odore è particolarmente sgradevole, ma allora perché questa pianta ha avuto così successo? Perché in realtà il suo gusto ha a che fare con un fenomeno biologico particolarmente strano: in base al background genetico, vi è chi trova il sapore di questa pianta dolce, molto rinfrescante e dal gusto che ricorda il lime, chi invece lo trova amaro e sgradevole. Ciò dipende dalla sensibilità alle aldeidi insature, composti aromatici di cui la pianta è ricca, sia nelle foglie che nei semi.
Questa pianta è sempre stata usata, con varie indicazioni, in diverse medicine tradizionali (prevalentemente per il trattamento di disturbi gastrointestinali come inappetenza, dispepsia, flatulenza, diarrea, dolore e vomito) e in molti casi la recente ricerca scientifica ne ha confermato gli effetti benefici. Infatti, gli oli essenziali di semi ed erbe di coriandolo sono stati studiati attivamente per la loro composizione chimica (ricca di linalolo, un monoterpenoide con effetti di tipo sedativo e ansiolitico e acido petroselinico, un acido grasso omega-12) e le loro attività biologiche, tra cui quelle antimicrobiche, antiossidanti, ipoglicemizzanti, ipolipidemizzanti, ipotensive, ansiolitiche, analgesiche, antinfiammatorie, anticonvulsivanti, antitumorali e neuroprotettive.
Il coriandolo è considerato sicuro e ben tollerato, come è stato evidenziato da studi di tossicità sugli animali. Tuttavia, potrebbe abbassare glicemia e pressione arteriosa, pertanto è raccomandata prudenza per i soggetti particolarmente a rischio. Ma perché parlarne nel mal di testa? Perché anche in questo caso, lo si è sempre utilizzato.
Già Plinio il Vecchio, in Naturalis Historia, riferiva che mettendo alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino all’alba si potesse far passare la cefalea. Il razionale dell’utilizzo del coriandolo per questa applicazione è molto forte. In studi condotti su modelli animali è stato osservato un effetto analgesico e antinfiammatorio, quindi in grado di agire su entrambe le componenti del dolore emicranico, quella centrale neurogena e quella periferica infiammatoria. Lo stesso linalolo, cui facevamo cenno pocanzi, ha particolari effetti sia analgesici che antinfiammatori. Inoltre, è stato pure condotto uno studio clinico, pubblicato nel 2016, randomizzato, controllato con placebo, in triplo cieco che ha esaminato gli effetti benefici del coriandolo su pazienti con emicrania. In questo studio, della durata di un solo mese, 68 adulti con emicrania episodica sono stati sono posti in terapia con valproato di sodio e sciroppo di frutti di coriandolo o con uno sciroppo placebo. Rispetto al gruppo placebo, l’assunzione di coriandolo è stata associata ad una maggiore riduzione della durata, dell’intensità e della frequenza delle crisi emicraniche. In particolare, la frequenza delle crisi emicraniche nei partecipanti che assumevano coriandolo è risultata inferiore di circa il 50% rispetto a quella riportata dai partecipanti del gruppo placebo.
Anche se questo studio preliminare sul coriandolo è positivo, la solidità dei risultati osservati è limitata dalle ridotte dimensioni della popolazione in esame e dalla breve durata dell'osservazione.
Inoltre, i suoi effetti preventivi come trattamento a sé stante per l’emicrania sono sconosciuti, poiché questo studio ha indagato i suoi effetti solo in aggiunta al valproato di sodio.
E voi, il coriandolo lo usavate già nelle vostre pietanze?
A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia
Catanzaro - I progressi della medicina contro la diffusissima emicrania (2° patologia invalidante per l’OMS) sono concreti e la Calabria ne è apripista. Con questa premessa confortante e prestigiosa si sono tenute le sessioni di lavoro che hanno animato la due giorni del IX Congresso calabrese della SISC, la Società italiana studio cefalea. All’assise regionale, svoltasi al THotel di Feroleto Antico (Catanzaro), hanno preso parte decine di professionisti, medici e infermieri, provenienti dalle varie strutture calabresi, cui si sono aggiunti contributi di colleghi arrivati anche da Milano, Roma, Parma, Palermo e Bari.
“La ricerca ha fatto passi enormi a favore di quel 12% della popolazione italiana che ne soffre – ha detto il presidente nazionale SISC Franco Granella - sono arrivati nuovi farmaci che per la prima volta sono stati pensati per la fisiopatologia, cioè le cause che portano al disturbo. Fino ad ora usavamo farmaci più generici; adesso con le cure monoclonali a base di CGRP si ottiene il duplice obiettivo di combattere l’infiammazione ed ottenere un drastico calo del dolore. La Calabria per questa specifica patologia – ha aggiunto Granella – è una regione all’avanguardia che ha fatto addirittura registrare casi di emigrazione sanitaria al contrario, con gente venuta da fuori per curarsi presso i centri cefalee esistenti”.
Anche il direttore scientifico del congresso Rosario Iannacchero conferma: “Siamo in una fase altamente evoluta: abbiamo realizzato i Pdta, individuato i nodi di implementazione di questa rete, testato la omogeneizzazione della diagnosi e proceduto alle attività formative degli specialisti. Soprattutto – ha aggiunto il coordinatore Sisc Calabria – abbiamo seduto allo stesso tavolo medici e pazienti che fanno sinergia, con il dipartimento alla salute e persino rappresentanti politici (era presente al talk introduttivo il consigliere regionale Davide Tavernise ndr) che ci prestano i primi sostegni adeguati”.
A testimoniare la ‘santa alleanza’ tra i medici ed i pazienti Lara Merighi, da venti anni a capo di Al.Ce., l’alleanza di pazienti cefalalgici che conta circa 16mila iscritti. “Mi ritenevo una persona sbagliata con i miei dolori fino a quando ho scoperto il conforto di condividere tutto anche con gli altri – ha detto la Merighi giunta apposta da Ferrara - I pazienti che soffrono si iscrivono chiedendo dove possono trovare medici che ascoltano e prendono sul serio questo problema. La politica? Non tutta è sensibile, visto che la malattia è pure di tipo invisibile.” Nel 2020 il governo ha riconosciuto la cefalea cronica come malattia invalidante ma ancora oggi mancano i decreti attuativi. Una battaglia che al momento segna più punti a favore sul lato pratico medico-scientifico che su quello normativo.
Link Video Congressi SISC Calabria
L'approvazione della legge del 2020 per il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale é stata salutata come una rivoluzione dai quasi set milioni di persone che nel nostro paese convivono con questo disturbo. Mancavano solo 1 decreti attuativi per veder riconosciuta finalmente, ufficialmente, la natura invalidante di quelli che per troppo tempo sono stati considerati dei semplici "mal di testa.
Ma qualcosa si è inceppato: i pazienti hanno atteso fiduciosi i 180 giorni previsti dalla norma; poi altri 700. A febbraio, finalmente, il Ministero della Salute ha presentato
le sue linee di indirizzo alla Conferenza Stato Regioni. Sembrava fatta, ma sono trascorsi altri tre mesi, e dei decreti attuativi in Gazzetta Ufficiale ancora non c'è traccia.
La legge continua, insomma, a rimanere lettera morta. E visto che, per una volta, i soldi ci sono - 5 milioni l'anno, 10 in totale per 1l 2023 e 11 2024 - si rischia pure di sprecarli se non si procederà al più presto ad organizzare bandi e
progetti. Per i pazienti, pero, non è questo il problema principale: quella che chiedono è la certezza che lo stato riconosca, al più presto, la loro malattia.
Che cos'e la cefalea primaria cronica
La cefalea primaria cronica raggruppa tutte quelle forme di dolore alla testa frequente che non possono essere spiegate come sintomo di un'altra patologia sottostante. Proprio per questa natura vaga - e per l'assenza di terapie risolutive - sono stati
derubricati per decenni a semplici mal di testa. Un termine talmente quotidiano che diventa causa di stigma quando è riferito a una sintomatologia che, per chi ne soffre, si rivela invece invalidante.
"E come vivere sull'orlo di un precipizio", racconta a Salute Lara Merighi Coordinatrice Nazionale di Alleanza Cefalalgici, Al.Ce. Group Italia - CIRNA Foundation Onlus.
"Non sai se domani non avrai mal di testa. Lo può causare il tempo, il vento, anche un dispiacere. Tutto per il nostro cervello può rivelarsi eccessivo, e per salvarsi dice adesso smetti di pensare. Scatena il mal di testa, e siamo costretti a fermarci. E anche quando il mal di testa va via i sintomi rimangono.
L'ansia, lo stato ansioso, c'è sempre. La paura che il mal di testa ritorni non va mai via".
A soffrirne sono piu spesso le donne. Il problema esordisce in giovane età, e rende difficile studiare, lavorare, vivere in modo sereno la propria quotidianità e la vita famigliare. Perché si parli di cefalea primaria cronica il problema deve presentarsi quasi
quotidianamente da almeno tre mesi, con effetti invalidanti che raramente i semplici analgesici riescono a tenere a bada.
"Ho visto pazienti che prendono anche cinque o dieci pastiglie al giorno per poter avere una vita normale", racconta Federica Galli, professoressa di psicologia clinica della Sapienza di Roma.
"Per questi pazienti spesso le terapie di profilassi del dolore dopo poco tempo non sono efficaci. E arriva anche quella che viene definita cefalea da abuso di farmaci, un'assuefazione agli antidolorifici che aumenta la facilita con cui arriva 1l mal di testa,
creando un circolo vizioso in cui più si assumono analgesici più il dolore si presenta e si cronicizza, e non risponde più alle medicine".
Cosa prevede la legge approvata
La legge approvata nel 2020 dovrebbe dare un riconoscimento alla patologia a livello nazionale. Passaggio obbligato per una diagnosi corretta, che vedrà il coinvolgimento di centri specializzati che stanno sorgendo in tutta Italia. E arrivare poi, in
futuro, all'inserimento delle cefalee primarie croniche nei Livelli essenziali di assistenza, che aiuterebbe i pazienti anche a sostenere i costi ingenti della patologia, stimati intorno a 2 mila e 600 euro ogni anno.
Perché servono le linee di indirizzo.
Le linee di indirizzo presentate a febbraio in Conferenza Stato Regioni prevedono anche un tesoretto da 10 milioni di euro, in due anni, indirizzato alla realizzazione di programmi innovativi di presa in carico multispecialistica. Progetti che prevedono tutta una serie di specialisti che vanno preparati ad hoc, e la stesura di protocolli che richiedono tempo. E se i soldi non arrivano alle regioni, queste ovviamente non si possono attivare. E il rischio che i progetti vadano in fumo si fa sempre più concreto. "Piu tempo trascorre - continua Galli - e meno si riusciranno a concretizzare quelle che sono state delle intenzioni assolutamente lodevoli".
Non è 'solo un mal di testa’
Per i pazienti, lo dicevamo, la pubblicazione dei decreti attuativi ha pero un'importanza ancora più essenziale.
E il simbolo di una lotta durata quasi 20 anni per veder riconosciuta la loro patologia. Per poter chiamare finalmente malattia quei mal di testa che, troppo spesso, hanno sentito sminuire come un problema che hanno un po' tutti, "Fino a che la
legge non entrerà in vigore, fin quando la nostra malattia non ha un codice, noi non esistiamo", conclude Merighi. "Quando la legge troverà finalmente applicazione la nostra diventerà una malattia riconosciuta, sul lavoro, nel mondo della scuola.
Non potranno piu dirci 'E solo un mal di testa’. Non potranno più farci sentire persone sbagliate, ma dovranno invece trattarci come persone che hanno una malattia.
Per noi che lo aspettiamo da un'intera vita, anche una settimana di attesa in più diventa molto difficile da sopportare.
E sono già passati tre anni"
Articolo di Simone Valesini
Repubblica Salute del 22 Maggio 2023
Il prossimo 27 maggio 2023 si svolgerà la Giornata Nazionale del Mal di Testa, oramai alla XV edizione, organizzata anche quest’anno assieme alla Società Italiana di Neurologia. Verranno realizzati per la diffusione sui social brevi video di risposta a domande formulate da pazienti, con il coinvolgimento diretto delle Sezioni Regionali, trattando tutti gli aspetti più interessanti per il pubblico delle cefalee primarie.
Vi invitiamo a condividere e diffondere quanto più possibile l'iniziativa con colleghi e pazienti tramite i canali social:
Alleanza Cefalalgici – Al.Ce. Group CIRNA Foundation Onlus è sempre a fianco di tutte le Società Scientifiche che si occupano della salute di tutte le persone organizzando eventi che ci fanno sentire meno soli.
Un grandissimo grazie da parte di tutta l'Associazione Al.Ce. alle Società Scientifiche che si occupano di Cefalee SISC e SIN
Il nuovo numero 1/2023 della rivista è disponibile ora a questo link https://www.mattioli1885journals.com/index.php/confinia/issue/view/853.
SOMMARIO
Editorial
Un affascinante romanzo a più strati - Walter Minella
History of medicine
The history of Encephalitis Lethargica: an Italian treatment for a still little-known disease. The experience of the Siena psychiatric hospital in the first half of the twentieth century. in a museum and archival research – Mariano Martini, Francesco Brigo, Davide Orsini
Multidisciplinary research in neurosciences
Notes on the concept of fear – Giuseppe Civitarese
HEADACHE AND PAIN RESEARCH
How cultivate internal resources to improve physical and brain health – Licia Grazzi, Giorgio Sandrini, Cesare Peccarisi
Books
Books – Editorial office
Supplementum
Expert consensus document on criteria for assessing disability and invalidity in chronic primary headache. From the law to the implementation of diagnostic-therapeutic pathways – Editorial office
Auditorium Giorgio Gaber
Piazza Duca d'Aosta, 3 – Milano
Giovedì, 20 aprile 2023
9.00 – 13.40
E' disponibile il nuovo numero 134 di Cefalee Today del mese di marzo
Mi perdonerete se, prima di introdurre i contenuti di questa edizione, comincio questo editoriale facendo le condoglianze al nostro Roberto Nappi, colonna portante e motore inarrestabile del nostro piccolo periodico, che ha subito un grave e inatteso lutto. Ci stringiamo tutti attorno al suo dolore.
Veniamo ora ai contributi presenti su questo numero. Iniziamo dall’intervista al professor Vittorio Di Piero responsabile del Centro Cefalee del Policlinico Umberto I di Roma e della terapia subintensiva neurologica dello stesso ospedale (a quattro mani con la dottoranda Giada Giuliani). Proprio in virtù della sua duplice competenza, ne approfittiamo per approfondire con lui la relazione bidirezionale esistente tra cefalee e problemi cerebrovascolari.
Nell’intervista, il prof. Di Piero parla di fattori di rischio metabolici e di aumentato fabbisogno energetico del cervello dei soggetti con emicrania, fornendo quasi un pallonetto per introdurre il secondo articolo, che affronta proprio il tema del metabolismo neuronale dei pazienti con emicrania. Si tratta di un estratto di un mio webinar dedicato ai membri dell’associazione pazienti che aveva suscitato molto interesse e mi è quindi stato chiesto di lasciarne traccia scritta proprio qui su Cefalee Today. Non potevo, ovviamente, tirarmi indietro, quindi mi scuso con voi per l’eccesso di esposizione personale in questo numero.
Per la rubrica “la Cefalea in cucina”, la dottoressa Eleonora Di Pietro, biologa nutrizionista dell’Associazione Eupraxia, ci racconterà la magnifica e incredibile storia della noce moscata, una spezia che forse ha determinato il destino del Mondo Moderno, per come noi lo conosciamo. Non immaginavo minimamente potesse essere stata tanto costosa e importante né le suo potenzialità curative nella cefalea. La prossima volta devo ricordare di grattugiarne un po’, hai visto mai!
Infine, per la rubrica Amarcord, recuperiamo un articolo datato dicembre 2003, del dottor Alberto Proietti Cecchini, ottimo collega e grande esperto di cefalee. Il tema è sempre attuale: si parla della nevralgia del trigemino. È una delle diagnosi più sovrastimante nel mondo delle cefalee, spesso causa di confusione e perdita di tempo per il paziente che, convinto di avere tale disturbo, non curerà la propria forma di mal di testa. Mi auguro che la lettura di questo articolo possa tornarvi utile, magari leggendolo vi riconoscerete nella diagnosi o capirete che non si tratta del vostro caso e che quindi siete solo incappati in una diagnosi imprecisa.
Come sempre, spero che gli argomenti siano di vostro gradimento.
Buona lettura e fateci conoscere i vostri commenti.
Le cefalee e le malattie cerebrovascolari sono patologie neurologiche piuttosto comuni ed apparentemente distanti tra loro. Infatti, la prima viene tradizionalmente considerata “una malattia benigna”, priva di sequele a lungo termine, mentre le seconde sono fortemente temute per i possibili severi correlati clinici.
Tutte le cefalee sono pericolose?
Bisogna distinguere tra forme primarie e quelle secondarie, cioè legate ad una precisa causa organica. Naturalmente, quest’ultime possono rivestire carattere di estrema urgenza, ad esempio nell’emorragia subaracnoidea. Esistono degli algoritmi diagnostici che ci aiutano nella fase acuta a distinguere tra forme primarie e secondarie anche mediante un razionale uso delle neuroimmagini.
Il legame con le malattie cerebrovascolari interessa tutti i tipi di cefalea?
Tra le cefalee primarie, l’emicrania è quella più strettamente connessa alla patologia cerebrovascolare. Numerosi studi supportano l’esistenza di un aumentato rischio ischemico nei pazienti emicranici rispetto alla popolazione generale. Tale rischio appare sostanzialmente maggiore nell’emicrania con aura e, nelle giovani donne affette, aumenta ulteriormente quando la malattia si associa ad abitudine tabagica o a terapia estroprogestinica. Un esordio tardivo dell’aura emicranica (dopo i 50 anni di età) ed un’elevata frequenza degli attacchi di cefalea sembrano comportare un maggior rischio cerebrovascolare, mentre non emerge alcuna relazione con la durata di malattia. C’è da dire che seppur aumentato il rischio reale è molto basso.
Quali fattori comuni alle due patologie sono responsabili di questo legame?
La relazione tra cefalea e malattie cerebrovascolari non è ancora completamente nota. I pazienti con ictus ischemico affetti da emicrania presentano una ridotta incidenza dei comuni fattori di rischio vascolare (come ipertensione arteriosa e diabete mellito), suggerendo che meccanismi strettamente legati alla cefalea possano essere implicati nella genesi del danno. L’encefalo del paziente emicranico ha un fabbisogno energetico maggiore rispetto a quello del soggetto non emicranico, a causa della condizione di ipereccitabilità corticale e dello stato proinfiammatorio indotti dalla malattia. L’aumentata eccitabilità corticale, infatti, è presente anche al di fuori degli attacchi ed è responsabile dell’ipersensibilità agli stimoli sensoriali, spesso riferita dai pazienti. Rimane da chiarire se questo substrato possa comportare una maggior suscettibilità nei confronti dello sviluppo di lesioni ischemiche, soprattutto in presenza di altri fattori precipitanti.
Nella pratica clinica, nei pazienti emicranici vengono riscontrate spesso delle “aree gliotiche” alle neuroimmagini che sono causa di notevole preoccupazione ed ansia. Di cosa si tratta? C’è una relazione con l’ischemia cerebrale?
Chi si occupa di emicrania sa bene che una percentuale non trascurabile dei suoi pazienti presenta lesioni cerebrali subcliniche. Queste alterazioni del parenchima cerebrale, spesso scoperte accidentalmente in occasione di esami di neuroimaging e ben più frequenti (fortunatamente!) degli eventi ischemici, hanno una prevalenza più alta negli emicranici rispetto alla popolazione generale. Compaiono piuttosto precocemente in corso di malattia e, nella maggior parte dei casi, non mostrano progressione nel tempo; sono inoltre prive di ripercussioni sulla sfera cognitiva. Tuttavia, i meccanismi responsabili della loro genesi rimangono sconosciuti e numerosi fattori sono stati chiamati in causa, in assenza di dati che confermino la loro natura ischemica. Quando presenti, il medico deve da un lato rassicurare il paziente e dall’altro escludere potenziali cause delle lesioni osservate, come condizioni pro-trombotiche o fonti emboligene. A questo proposito, è utile segnalare che il riscontro della pervietà del forame ovale, malformazione cardiaca che è molto frequente non solo tra gli emicranici ma anche nella popolazione generale, non richiede di per sé alcun intervento correttivo in assenza di un correlato sintomatologico clinico.
Cosa può fare allora il paziente affetto da emicrania per ridurre il suo rischio cerebrovascolare?
In assenza della completa comprensione dei meccanismi fisiopatologici sottostanti, il paziente emicranico potrà beneficiare come tutti di uno stile di vita sano, attraverso la pratica regolare di attività fisica, evitando l’abitudine tabagica e controllando i fattori di rischio vascolari classici (ipertensione, diabete e dislipidemia). E’ interessante segnalare un algoritmo (QRISK-3) che calcola il rischio di eventi cardiovascolari nei successivi 10 anni: il punteggio finale è il risultato, oltre che dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare, anche della presenza di altre patologie, tra cui l’emicrania. A questo si aggiunge la scelta oculata dei farmaci da utilizzare per la terapia in acuto e per la profilassi dell’emicrania.
Abbiamo parlato della relazione tra emicrania ed ictus ischemico. Esiste un legame tra cefalea ed altre malattie cerebrovascolari?
La cefalea può essere il sintomo d’esordio di malattie vascolari moto gravi, come l’emorragia subaracnoidea dove il sintomo dolore è preminente e spesso riferito come il peggiore mai provato. Per altre patologie, come l’attacco ischemico transitorio (TIA) o l’emorragia intracerebrale, la relazione con l’emicrania è ancora dibattuta ed oggetto di indagine.
Perché definiamo il legame tra cefalea e malattie cerebrovascolari “bidirezionale”?
La cefalea rappresenta la manifestazione principale od iniziale di numerosi eventi vascolari. In presenza di una cefalea di nuova insorgenza o atipica per un dato paziente, devono essere considerate nella diagnosi differenziale alcune rare malattie cerebrovascolari. Oltre all’emorragia subaracnoidea, una trombosi venosa cerebrale può manifestarsi esclusivamente con cefalea, con un dolore olocranico, di lunga durata e non responsivo agli analgesici, o di spiccata intensità, lancinante (cefalea “a rombo di tuono”). In alcune condizioni particolari, è il campanello d’allarme di temibili patologie: così nella donna in gravidanza o durante il puerperio può essere la spia di una sindrome da vasocostrizione cerebrale reversibile (RCVS) o della sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRESS).
Intervista a cura di Roberto Nappi