Fondazione ONDA è un partner consolidato di Al.Ce. nell'impegno comune rivolto a far sentire la voce di noi cefalalgici. E' così che il nostro Presidente Alessandra Sorrentino ha partecipato a due episodi del podcast di successo "ONDE DI SALUTE" realizzato da Fondazione ONDA.
Ascolta l'episodio "Ho l'emicrania e... non è una scusa!" https://open.spotify.com/episode/5MuuHH8XNfCKANUfjssrxM?si=Qx0F2T7uRMeF4tac_0D-KQ&nd=1&dlsi=1ee3f203b813402a
Ascolta l'episodio "Cinquanta sfumature di...emicrania" https://open.spotify.com/episode/7usgKwjgjV29oMYBxaK6by?si=Ag1JlZlzTK6J6eTZro4hjQ&nd=1&dlsi=7bfb535d844342df
Ascolta tutti gli episodi del podcast "Onde di Salute" https://open.spotify.com/show/754cMtqsic5ybzwsjtHFIj
Scopri come diventare socio di Alleanza Cefalalgici per il 2025!
Al Forum Sistema Salute 2024, tenutosi nei giorni scorsi alla stazione Leopolda di Firenze, Al.Ce., nella persona del nostro Presidente Alessandra Sorrentino, ha incontrato i ragazzi e le ragazze delle scuole superiori per parlare di emicrania.
E lo ha fatto attraverso Elga e Alcide, i due protagonisti delle vignette del progetto "A testa alta" realizzato insieme a Lundbeck.
È stato un momento di condivisione importante perché la prevenzione parte dal dialogo e dalla condivisione, anche nelle scuole.
Ringraziamo l'onorevole Ilenia Malavasi, il professore Pierangelo Geppetti e il dottor Sergio De Filippis per aver condiviso con noi questo momento e aver dato il loro prezioso contributo.
La Regione Calabria, nell'ambito del Progetto per la presa in carico dei Pazienti con Cefalea Cronica, organizza un Master Universitario dedicato a coloro che vogliono aumentare le proprie competenze organizzative, gestionali e digitali nell'ambito sanitario.
La scadenza per le iscrizioni è il 15 Novembre p.v. Una buona opportunità di assumere competenze e dare valore ad un progetto così virtuoso.
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E' disponibile il nuovo numero 140 di Cefalee Today del mese di Settembre
Rieccoci amiche e amici, e benvenuto autunno, stagione di vendemmia e castagne, ma pure di acquazzoni e giornate che si accorciano. Tutti fattori (eccetto le castagne, purché non se ne abusi) che ahimè potrebbero in un modo o nell’altro peggiorarci il mal di testa. Come di consueto, iniziamo l’editoriale con il solito ‘cahiers de doléances’ sulla situazione farmaci: c’è stato un gran trambusto in questi mesi. Da un lato, le testate giornalistiche hanno generato una forte aspettativa, poi andata frustrata, riportando i mirabolanti risultati di studi statunitensi condotti su alcuni farmaci appartenenti alla famiglia dei gepanti, che però non sono stati ancora sottoposti alla procedura di registrazione presso l’EMA (Ente Europeo per la Sicurezza dei Farmaci) propedeutica alla loro futura immissione in commercio (e che forse, per meri motivi di marketing, non verranno mai esportati in Europa). Dall’altro, si trascina l’infinita beckettiana attesa della rimborsabilità dei gepanti già immessi in commercio. Come Godot che non arriva mai, si susseguono voci, dettagli annunci, ma poi tutto si risolve in un nulla di fatto. Il rimegepant prima, l’atogepant poi sono stati immessi in commercio a totale carico dei pazienti e iniziano a circolare con enorme difficoltà a causa dei costi molto elevati. Il primo ha già la doppia indicazione come farmaco sintomatico e come terapia di profilassi; il secondo, per ora, solo come terapia preventiva. Circolano in questi giorni voci incontrollate della prossima pubblicazione in Gazzetta della loro rimborsabilità, ma per ora tutto tace e le nostre gole profonde nelle Aziende e nelle Istituzioni non sanno darci una scadenza attendibile, sebbene concordino nel dire “è imminente”. Non mi dilungo oltre, in attesa di capire se la nuova Legge di Bilancio, che prevede più fondi per il nostro disgraziato SSN, possa offrire nuove risorse anche per i Centri Cefalee, il cui accesso è di fatto impossibile in molte Regioni per i tempi di attesa dilatati all’infinito.
Veniamo dunque ai contenuto del numero, come sempre molto interessanti (fateci sapere se siete della stessa opinione).
Inizierei dall’intervista del nostro Roberto Nappi con il dottor Catello Vollono, responsabile del Centro Cefalee della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, con cui si approfondisce la complessa relazione esistente tra cefalea e sonno. Abbiamo affrontato l’argomento perché è crescente il numero di pubblicazioni scientifiche sull’argomento, ma pure perché si tratta di un problema che colpisce gli over 50 e, indovinate un po’, noi siamo una popolazione che invecchia sempre di più; quindi, è sempre maggiore la prevalenza di nostri pazienti che lamenta questo tipo di relazione. Valeva la pena fare un approfondimento e, essendo il dottor Vollono coinvolto nel Centro di Medicina del Sonno del suo Policlinico, abbiamo deciso di chiedere alla persona che ci sembrava più idonea a fornirci un chiaro scenario.
Invece, per il secondo contenuto, abbiamo chiesto una mano alla dottoressa Emanuela Paone, psicologa presso l’ICOT di Latina. L’argomento ce lo avete in realtà proposto voi, con una domanda sui social. Questo è stato l’anno di Angelina Mango, vincitrice del Festival di Sanremo, e della sua canzone: la noia. Insomma, tra 20 anni, quando qualcuno vorrà ricordare il 2024 in musica non potrà prescindere da questa cumbia. Ecco perché, in pieno delirio social per questa canzone, una paziente del gruppo Facebook ci ha chiesto: “Qual è la relazione tra la noia e il mal di testa?”. Potevamo perdere l’occasione di approfondire l’argomento? Certo che no, anche perché il concetto di noia è decisamente affascinante, ora visto come il peggiore (per Oscar Wilde), ora come il minore (per Marcel Proust) dei mali da sopportare, mentre già altri letterati (come Alberto Moravia) ne riconoscevano addirittura una intrinseca forza generatrice, perché annoiati dalla noia usciamo dalla nostra “confort zone” (oggi la si chiamerebbe così). Però, sebbene etimologicamente scorretto (perché noia deriva dal latino ‘in odio’), il termine mi ha sempre ricordato altre 2 parole greche che sono molto attinenti ai nostri mal di testa: noos, cioè intelletto o conoscenza, e noys (νοῦς), cioè mente (radice preceduta dal suffisso ‘para’ del termine παράνοια, molto abusato dalle persone della mia generazione). Scusate la digressione, ma grazie ad esse non mi annoio affatto, spero di non averla cagionata in voi.
Andando avanti nello scorrere tra i contenuti di questo numero, troverete pure una piccola segnalazione letteraria relativa al libro “Vivere bene in menopausa” della professoressa Rossella Nappi. Come dicevamo prima, molti dei nostri pazienti vivono ormai nella fascia di età che va oltre la fase riproduttiva della vita e per buona parte sono donne; quindi, conoscere correttamente questa condizione è sicuramente importante e, ça va sans dire, poteva mai la più cefalologa tra le ginecologhe non parlare pure del mal di testa? Certamente no.
Nella rubrica la cefalea in cucina, con la nostra dottoressa Eleonora di Pietro, parleremo di una spezia molto particolare, che o si ama o si odia, ma che non lascia mai indifferenti: l’aglio. Amico o nemico di noi emicranici? Andiamo a scoprirlo insieme.
Per la rubrica Amarcord, infine, abbiamo selezionato un articolo di ottobre 2009 a cura di Rosita Trotti in cui si parla del ruolo dell’omocisteina e del contrasto dell’iperomocisteinemia nell’emicrania. Come sempre, spero che gli argomenti siano di vostro gradimento. Buona lettura e fateci conoscere i vostri commenti.
Dott. Cherubino Di Lorenzo
Direttore Scientifico Cefalee Today
Si dice che passiamo un terzo della nostra vita a dormire? Come mai questa grande perdita di tempo?
Certo, è vero, dormiamo per circa un terzo della nostra vita, in media 8 ore di sonno ogni 16 di veglia (sebbene la durata ‘normale’ di sonno sia molto variabile nell’adulto, dalle 7 alle 10 ore per notte), ma non è affatto una perdita di tempo; al contrario, il sonno è fondamentale per la salute del nostro cervello e dell’organismo in generale. Alterazioni e deprivazione del sonno sono correlate a un maggior rischio di numerose malattie, visto che il sonno esercita numerosissimi benefici sul corretto funzionamento del nostro cervello, che durante il sonno si ‘ripulisce’ da sostanze di scarto accumulate durante la veglia e si ricarica di neurotrasmettitori e di riserve energetiche. Inoltre, il sonno ha anche un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento e memorizzazione. In particolare durante il sonno si realizzano dei meccanismi di eliminazione delle tracce mnesiche non rilevanti e di consolidamento delle tracce mnesiche rilevanti, che permettono di risparmiare spazio ed energia privilegiando i ricordi importanti ed eliminando quelli non utili. Ricordate quando ai tempi delle scuole elementari ci dicevano di leggere 10 volte le poesie da imparare a memoria prima di addormentarci, per poi ripeterle al risveglio? Ecco, il trucco funzionava proprio perché il sonno ci consentiva di fissare il ricordo e ci creava la possibilità di richiamarlo alla mente a richiesta. Infine, il sonno ha effetti protettivi sullo stress, riducendo le manifestazioni di ansia e depressione. Senza un sonno adeguato, aumenta notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari, obesità, diabete e disturbi dell’umore. Sappiamo che ci sono studi che indicano l’insonnia come un fattore di cronicizzazione del mal di testa, potrebbe spiegarci meglio. Da molti anni è noto che le alterazioni della quantità del sonno, in termini di volontario aumento o riduzione in durata, ma anche di difficoltà di addormentamento o del mantenimento del sonno, possono funzionare sia da fattori di innesco di un attacco di emicrania sia da fattori di peggioramento della stessa in termini di frequenza di crisi mensili. La qualità del sonno, oltre che la durata, è altrettanto importante: il sonno deve essere ristoratore e non disturbato da fenomeni come le apnee o il bruxismo, che concorrono a peggiorarlo globalmente. I potenziali meccanismi di cronicizzazione del mal di testa sono molteplici ed è stato dimostrato che le alterazioni del sonno sono tra i fattori di rischio più importanti associati alla cronicizzazione delle cefalee. Esistono evidenze scientifiche della tendenza alla trasformazione del mal di testa da episodico a cronico in presenza di alterazioni qualitative del sonno. Alla base di tale correlazione vi è la condivisione di alcuni neurotrasmettitori importanti tanto per la cefalea quanto per il sonno (come la serotonina e la melatonina). Si può ipotizzare pure un ruolo per l’istamina, i cui antagonisti (gli antistaminici) danno infatti sonnolenza; questa molecola è spesso stata chiamata in causa tanto nella patogenesi di varie forme di cefalea (addirittura, in passato la cefalea a grappolo veniva chiamata Cefalea istaminica di Horton) che dell’insonnia. Inoltre, l’organismo può reagire all’insonnia con il rilascio di altri mediatori infiammatori che rendono il soggetto più vulnerabile allo scatenamento e alla propagazione della crisi di mal di testa. Esistono, infine, numerose evidenze cliniche e scientifiche per cui l’adeguato trattamento di disturbi del sonno, come le apnee ostruttive e l’insonnia, sia in grado di migliorare la cefalea e impedirne la cronicizzazione.
Come mai spesso il mal di testa inizia durante la notte? Possono essere chiamate in causa pure le sindromi da apnee ostruttive e il bruxismo, di cui spesso i cefalalgici sono affetti?
Innanzitutto, esistono alcune specifiche forme di mal di testa che insorgono preferenzialmente o esclusivamente nel corso del sonno. Le cefalee primarie, che mostrano una più stretta relazione col sonno, la cefalea a grappolo e la ben più rara cefalea ipnica. Anche l’emicrania, in alcuni soggetti, presenta un esordio preferenziale nel sonno, soprattutto nel sonno notturno. Inoltre, numerose strategie per ridurre l’intensità del dolore nell’emicrania (sonnellini diurni, utilizzo di caffeina, etc) possono indurre una frammentazione del sonno notturno, causare insonnia e innescare attacchi di emicrania nel corso della notte. Inoltre, gli attacchi di cefalea a insorgenza notturna possono chiamare in causa alcuni disturbi del sonno, come bruxismo e apnee ostruttive nel sonno, ma vi possono pure essere altre cause, come le ipoglicemie notturne, perché la notte è il momento in cui passiamo più ore senza mangiare; quindi, per chi è predisposto, vi possono essere ipoglicemie a sua volta potenzialmente attivanti l’infiammazione del sistema trigemino-vascolare. Senz’altro, le apnee ostruttive restano un problema serio e sottostimato: ne soffre circa un quarto della popolazione adulta e possono sia alterare la qualità del sonno che determinare, a causa della temporanea ostruzione delle vie aeree, una riduzione dell’ossigeno nel sangue e accumulo di anidride carbonica, con conseguente attivazione del sistema simpatico che a sua volta agevola lo scatenamento del mal di testa. Anche il bruxismo (digrignamento dei denti) può contribuire in modalità duale: da un lato questo è un sintomo di tensione emotiva, talmente importante da alterare la qualità del sonno, che può rendere il cervello più sensibile agli stimoli che innescano la cefalea; dall’altro, la tensione associata al bruxismo a carico dei muscoli mandibolari e cervicali può attivare i circuiti del dolore, predisponendo al mal di testa, un po’ come accade a chi sperimenti lo scatenamento delle crisi quando lega i capelli o indossa un copricapo stretto o pesante.
Nei bambini, spesso, il sonno è in grado di bloccare il mal di testa, invece nell’adulto ciò tende a non accadere, anzi, a volte accade proprio il contrario. Quali potrebbero essere i meccanismi coinvolti?
Diciamo che il sonno dei bambini è diverso rispetto a quello degli adulti, così come il loro cervello. Inoltre, molti dei disturbi del sonno che possono peggiorare il mal di testa sono più tipici dell’età adulta e tendono a lasciare indenni i bambini. Non è un caso che l’insorgenza notturna delle cefalee, in particolare per alcune forme di cefalea secondaria (come quelle secondarie ad alterato profilo pressorio e quelle secondarie ad apnee ostruttive), così come lo sviluppo della cefalea ipnica (una forma di cefalea a insorgenza notturna e che può regredire destandosi), sia un fenomeno di più facile riscontro negli ultracinquantenni, età in cui possono svilupparsi molte delle patologie che potrebbero avere una ripercussione negativa sulla qualità del sonno. Infine, una lunga storia di malattia, con l’esposizione cronica al dolore, potrebbe lasciare il cervello ‘sensibilizzato’ e quindi più prono a provare dolore più a lungo, anche di notte.
Esistono cure specifiche per chi soffre di cefalea e insonnia che possano agire su entrambi i disturbi?
Certo, esistono terapie che possono agire su entrambi i disturbi, sia farmacologiche (come nel caso dell’amitriptilina o degli alti dosaggi di melatonina) che non farmacologiche, come le tecniche di rilassamento o la terapia cognitivo comportamentale. Anche alcuni farmaci antiepilettici, agendo sull’equilibrio tra GABA e glutammato, potrebbero agire su entrambi i disturbi.
Quando un soggetto cefalalgico dovrebbe preoccuparsi per il proprio sonno e rivolgersi a uno specialista del settore?
Una persona con cefalea, come chiunque altro, dovrebbe preoccuparsi per il proprio sonno quando presenti segni quali la difficoltà ad addormentarsi, risvegli frequenti, sonno poco ristoratore, stanchezza eccessiva durante il giorno oppure in presenza di russamento continuo o apnee notturne. Sono questi i fattori che possono essere associati al peggioramento del pregresso mal di testa. Inoltre, ciascun paziente dovrebbe provare a domandarsi se pure nel suo caso si sia innescato il famoso circolo vizioso cefaleainsonnia-cefalea, per cui un disturbo incide sull’altro e viceversa, creando, appunto, un circolo vizioso difficile da spezzare senza l’intervento di uno specialista. Pertanto, è sempre raccomandato lo screening ed il trattamento dei disturbi del sonno più gravi, ma, in generale, è consigliabile che tutte le strategie di regolazione del sonno, quelle che tendono ad evitare il russamento e ottimizzare la durata, la qualità, e la regolarità del sonno, vengano incoraggiate in tutti i soggetti cefalalgici.
Intervista a cura di Roberto Nappi
Parlare della possibile relazione tra emicrania e noia è una consegna improba poiché la letteratura scientifica non fornisce studi a riguardo. Ad un primo sguardo, emicrania e noia sembrerebbero apparentemente due condizioni appartenenti a sfere molto distanti tra loro: disturbo neurologico la prima, stato emotivo la seconda. Tuttavia, possono esistere alcune connessioni, ciò induce al fatto che qualcosa da scrivere c’è e non è, di fatto, scontata.
La noia è un’emozione complessa, spesso sottovalutata, legata ad un monotono e insoddisfacente stato psicologico di mancanza di interesse, di stimoli e/o gratificazioni con conseguenti sentimenti di frustrazione e irritazione, causati da una varietà di fattori e con effetti significativi sulla salute mentale e sul comportamento.
Le situazioni di vita con poche sollecitazioni esterne, ripetitive o di scarso interesse, favoriscono l’insorgere della noia; come, al contrario, condizioni ambientali con eccesso di condizioni stimolanti, portano la persona a ridurre la concentrazione su ciascuna di esse.
Evidenti risposte all’esperienza di noia sono: la difficoltà di concentrazione, il rimuginare dei pensieri più pervasivi e la mancanza di interesse verso ciò che accade e ci circonda. Tutto questo innesca una reazione comportamentale caratterizzata da una serie di atteggiamenti che potrebbero far prefigurare l’esordio di una lieve sintomatologia ansiosa o depressiva; oppure, al contrario, potrebbe esserci il tentativo di gestirla con atteggiamenti di spasmodica ricerca di stimoli nuovi da esperire in maniera superficiale e incostante, come sollievo involontario del disagio provato, es: chi di noi non ha mai “scrollato” il cellulare per ingannare il tempo e provare invano di soffocare quel lieve senso d’immotivato disagio che ogni tanto ci pervade?. Quindi la noia potrebbe deprimerci, renderci più ansiosi e insoddisfatti o incagliarci in atteggiamenti afinalistici e ripetitivi, che potrebbero sfociare in cattive abitudini (es: fumare, bere alcolici o fare uso di altre sostanze stupefacenti volte ad annullare il disagio provato) che nei casi più estremi comportano la messa in atto di comportamenti ad alto a rischio, alla ricerca di sensazioni forti per sentirsi vivi e padroni della propria vita, fino in fondo. Tutti questo quadro mette in risalto come la risposta alla noia possa avere conseguenze potenzialmente impattanti sulla salute mentale.
Quello tra noia ed emicrania è un legame sottile in quanto l’alterato stato emotivo, legato alla prima, può essere un fattore predisponente alla seconda. Sappiamo bene che l’esperienza di noia può essere considerata uno stato di bassa stimolazione emotiva/sensoriale, può influenzare negativamente l’umore e lo stato emotivo di una persona, portando ad un malessere in grado di scatenare il mal di testa. Al pari di vissuti depressivi, ansiosi e di stress generale, la noia potrebbe essere una leva importante al manifestarsi dell’emicrania nonché di cronicizzazione della stessa. Tale effetto si eserciterebbe direttamente o indirettamente; cioè, la noia potrebbe innescare da sola la crisi emicranica o portare a una maggiore percezione dello stress, dell’ansia o della depressione, che a loro volta potrebbero fungere da fattore predisponente per l’insorgere del sintomoPer vincere la noia si potrebbero innescare nocivi cambiamenti nel comportamento: se una persona si annoiasse, potrebbe cambiare il proprio comportamento in modi che potrebbero contribuire all’emicrania. Di seguito, alcuni esempi:
- Alterazioni della dieta e idratazione: una persona annoiata potrebbe fare scelte alimentari inadeguate o non salutari, magari prediligendo il cibo spazzatura (notoriamente scatenante la crisi emicranica, assieme al digiuno prolungato o all’eccessivo carico di zuccheri) o dimenticando di idratarsi a sufficienza, bevendo di meno, prediligendo bevande zuccherate o eccedendo con la caffeina (tutte condizioni che possono scatenare emicranie).
- Alterazione dell’igiene del sonno: la persona annoiata potrebbe alterare in negativo la propria routine del sonno, andando a dormire troppo presto o troppo tardi (alterando i ritmi circadiani), sviluppando una forma d’insonnia o al contrario di ipersonnia. Tutte condizioni che si possono associare allo scatenamento della crisi di emicrania e alla sua cronicizzazione.
- Alterazione dell’attività fisica: la persona vittima della noia potrebbe ridurre la propria attività fisica quotidiana, complicando ancora di più il quadro generale e con ripercussioni negative globali sulla salute, ivi compresa l’emicrania.
Le conseguenze dell’alterata stimolazione cognitiva: durante i periodi di noia il cervello è come se disconnettesse la corteccia cerebrale e innescasse il “pilota automatico” sottocorticale, agendo senza riflettere e comprendere. Ciò porta ad una riduzione dei processi cognitivi e ad una distorsione delle percezioni esterne, che potrebbero essere accentuate o ridotte. Nel primo caso, la stimolazione eccessiva impedirebbe la corretta elaborazione delle informazioni che, pertanto, diventerebbero fastidiose tanto da innescare la crisi emicranica (pensiamo ad esempio alla foto- o alla fonofobia che talvolta innescano gli attacchi emicranici). Nel secondo caso, invece, vi sarebbe una sorta di ridotta percezione di quanto accade, a causa della distrazione prodotta dalla noia; ciò si tradurrebbe in una vera mancanza di stimolazione cognitiva che potrebbe portare ad un aumento della percezione del dolore, in quanto unico stimolo giudicato saliente in quel momento dal cervello. Infatti, alcune teorie suggeriscono che un cervello non adeguatamente stimolato possa essere più sensibile a percepire il dolore e altre sensazioni fisiche negative, come quelle sperimentate durante un’emicrania.
Lasciar crescere la propria noia e abbandonarsi ad essa potrebbe portare all’innesco di circoli viziosi: la noia, abbiamo detto, potrebbe generare l’emicrania, a sua volta associata a grave disabilità che quindi conduce ad un’inattività forzata durante l’attacco, contribuendo a sua volta ad un peggioramento della noia stessa. Questo circolo vizioso, se non spezzato con strategie adeguate, potrebbe innescare i nocivi meccanismi di adattamento di cui abbiamo parlato nel punto precedente, al fine di affrontare la noia, amplificando le ripercussioni che questo stato ha sull’emicrania.
In conclusione, sebbene manchi un’adeguata letteratura scientifica a riguardo che ci illustri le possibili relazioni tra emicrania e noia, esistono diverse possibili connessioni, dirette o indirette, attraverso le quali la noia può influenzare l’insorgenza, l’ingravescenza o la percezione delle emicranie. È quindi importante trovare il modo di affrontare questo problema, prima di tutto riconoscendolo, per poterlo poi gestire in efficacemente. La noia si può riconoscere e gestire, in primis con un adeguato approccio psicoterapico, magari di tipo cognitivo comportamentale, una sorta di riabilitazione del pensiero e dell’azione per non ricadere nei corti circuiti nocivi. Ma anche prima di decidere di rivolgersi ad un professionista della psiche ci sono alcuni approcci che chiunque può decidere di mettere in pratica per imparare a gestire la noia e provare a volgerla a proprio vantaggio. Vediamone alcuni:
- iniziare la ricerca di nuove attività, come ad esempio sperimentare nuovi hobby e interessi per occupare costruttivamente la mente;
- impostare quotidianamente degli obiettivi da raggiungere, che siano stimolanti e significativi, cercando ogni volta di spostare sempre un po’ più in là l’asticella, al fine di realizzare una propria adeguata crescita personale;
- fare una ristrutturazione cognitiva, cambiando il modo in cui si percepiscono le attività e le situazioni fin lì viste come noiose, trovando anche in esse aspetti positivi o significativi;
- iniziare a praticare mindfulness e meditazione, la cui utilità nell’emicrania è ormai universalmente riconosciuta, si tratta di pratiche che aiutano a focalizzare l’attenzione e aumentare la consapevolezza del momento presente, sfuggendo alla tentazione del niente che avanza nel nostro cervello, facendo fuggire via la consapevolezza del qui e adesso, vero antidoto alla noia.
Emanuela Paone,
Psicologa Ospedaliera - ICOL (LT)
L'aglio e il mal di testa
Mi auguro che non dobbiate baciare nessuno e non abbiate problemi digestivi, perché oggi parliamo di una spezia che o si ama o si odia, ma non può proprio lasciare indifferenti: l’aglio!
L’aglio (Allium sativum) è una pianta appartenente alla famiglia delle Liliaceae; originario dell’Asia centrale e del Medio Oriente, è utilizzato da più di 5000 anni sia come alimento (viene impiegato per insaporire piatti in tutto il mondo) che come rimedio naturale per una varietà di disturbi in diverse tradizioni medicinali, dalla medicina popolare egiziana alla tradizionale cinese, passando per quella ippocratica (lo considerava un valido rimedio per le malattie respiratorie e per migliorare la resistenza fisica), fino ad arrivare alla fitoterapia moderna per i suoi effetti antibatterici, antinfiammatori e antiossidanti. Senza dimenticare che dovrebbe proteggerci pure dai morsi dei vampiri (forse è per questo che è così tanto consumato nei paesi balcanici, in Ungheria e Romania). Scherzi a parte, oggi l’aglio è comunemente usato per migliorare la salute cardiovascolare, abbassare i livelli di colesterolo e per il supporto immunitario. La ricerca sta anche indagando l’articolato rapporto tra questo vegetale e la cefalea, ma si tratta appunto di una relazione complessa e contraddittoria, coerente con il racconto che molti pazienti fanno: c’è chi ha mal di testa solo a sentirne l’odore, chi invece dice di sentirsi meglio quando lo può assumere con regolarità. Insomma, l’argomento richiede un’analisi approfondita delle evidenze scientifiche disponibili.
Partiamo dagli aspetti negativi. Gli emicranici spesso sono osmofobici e talvolta un odore sgradito è in grado di scatenare l’attacco di emicrania. Tra questi ci può essere pure il forte e pungente odore dell’aglio, dovuto alla presenza di molecole contenenti zolfo. Addirittura, è stato descritto il caso di una paziente in cui l’assunzione o il solo odore di aglio (e delle allicine, i suoi composti aromatici) era in grado di scatenare con una certa regolarità attacchi di emicrania con aura. L’ipotesi di fondo era che vi fossero reazioni avverse indotte dall’odore, dal cambiamento emotivo, dall’instabilità vasomotoria mediata dal rilascio di ossido nitrico (NO), dall’infiammazione neurogena a carico del sistema trigemino-vascolare, o una semplice risposta allergica.
Tuttavia, per una paziente che peggiora con l’aglio, ve n’è descritta un’altra che migliora: è presente in letteratura il caso di una paziente afflitta da una cefalea di tipo tensivo cronico in cui l’integrazione dell’aglio nella dieta ha comportato un significativo beneficio sul mal di testa. Certo, è un’osservazione aneddotica, ma suggerisce che l’aglio possa avere un potenziale beneficio per alcuni pazienti. Questa apparente contraddizione tra i dati a favore e quelli a sfavore suggerisce che l’effetto dell’aglio sulla cefalea possa variare considerevolmente da persona a persona, in funzione di fattori come la predisposizione individuale, il tipo di cefalea e la quantità di aglio assunta.
Ma perché parlarne se si tratta di singoli casi e in assenza di studi? Beh, in primis perché l’aglio è appunto una spezia molto usata e in cui è facile imbattersi, ma soprattutto perché c’è un forte razionale che dovrebbe farci porre attenzione sulla questione. Per iniziare, vi sono dati sperimentali in vivo e in vitro che mostrano come l’aglio possa essere in grado di bloccare la cortical spreading depression (il fenomeno fisiopatologico alla base dello scatenamento delle aure emicraniche), poi perché vi sono numerose ipotesi fisiopatologiche secondo le quali l’aglio potrebbe esercitare un effetto protettivo sulla cefalea (e in particolar modo sull’emicrania). Intanto, l’aglio esercita effetti antiossidanti, contrastando l’azione dei radicali liberi e riducendo lo stress ossidativo, un fattore notoriamente alla base dello scatenamento della fase dolorosa infiammatoria dell’attacco emicranico. Le proprietà antiossidanti dell’aglio potrebbero quindi agire in modo protettivo nei pazienti con cefalea cronica, riducendo l’infiammazione nel sistema trigemino-vascolare e abbassando la suscettibilità al dolore. Inoltre, l’aglio sembra modulare, attraverso suoi composti attivi, il rilascio di citochine proinfiammatorie, in particolare il TNF-α e l’IL-6, notoriamente coinvolte nella genesi dell’emicrania, essendo l’infiammazione un elemento chiave nella fisiopatologia di questa forma di cefalea. Infine, l’allicina pare svolgere direttamente un’azione analgesica bloccando i recettori vanilloidi TRPV1, su cui agisce anche il sistema endocannabinoide, esercitando quindi un’azione indiretta sui recettori CB1.
Di contro, l’allicina dovrebbe indurre da parte dell’endotelio il rilascio di ossido nitrico (NO), che dovrebbe avere un ruolo peggiorativo sull’emicrania. Tuttavia, questo fenomeno sembrerebbe esercitarsi di più sui grandi vasi che non sui piccoli, la cui dilatazione sarebbe alla base della genesi del dolore emicranico. Inoltre, qualche autore sostiene che nell’emicrania vi sia pure una fase tardiva di vasocostrizione che potrebbe essere contrastata proprio dal lento e graduale rilascio di NO da parte dell’aglio.
Per quanto detto, vi è un progressivo crescente interesse nei confronti del potenziale ruolo protettivo dell’aglio sull’emicrania, tanto è vero che è in corso un trial clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, che mira a valutare l’efficacia di un integratore a base di aglio nel ridurre la frequenza e l’intensità degli episodi di cefalea in pazienti con cefalea cronica.
Insomma, la relazione tra aglio e cefalea è assai complessa e richiede ulteriori ricerche per chiarirne tutti gli aspetti, sempre tenendo presente la forte soggettività di risposta, variabile da individuo a individuo. Che consiglio darvi? Se vi piace e non vi fa male, continuate a consumarlo. Se non lo avete mai assaggiato, iniziare a provarlo in piccole quantità (magari adottando alcuni trucchi per renderlo più tollerabile, ad esempio, consumandolo cotto, lasciandolo “in camicia”, togliendoci l’anima o tenendolo a bagno in latte o acqua prima della cottura, oppure abbinandolo a prezzemolo o menta, che dovrebbero mitigarne il sapore), ma se siete più che certi che vi faccia male, evitatelo pure. Ma soprattutto, quando si è in coppia vale la regola d’oro: o lo si mangia tutti e 2 o lo si evita.
A cura della Dott.ssa Eleonora Di Pietro,
Biologa nutrizionista - Associazione Eupraxia
AbbVie annuncia l’approvazione della rimborsabilità di atogepant per il trattamento degli adulti che presentano almeno 8 giorni di emicrania disabilitante al mese negli ultimi tre mesi.
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Alleanza Cefalalgici ha giocato un ruolo molto importante nell'approvazione della Legge 81/2020 che riconosce la cefalea cronica come malattia sociale e nell'emanazione del decreto attuativo tramite il quale sono stati assegnati fondi alle Regioni affinché venga innovato e migliorato il sistema di presa in carico dei pazienti cefalalgici. Con l'obiettivo di portare in primo piano i bisogni dei pazienti, stiamo affiancando le Regioni nelle loro progettualità su vari aspetti.
Siamo felici di presentare uno dei primi risultati di questo lavoro di squadra che stiamo facendo insieme ai clinici e le istituzioni: il sito web del progetto PERLA della Regione Lombardia, realizzato insieme allo staff della Fondazione Mondino - Istituto Neurologico Nazionale IRCCS e degli altri centri della Rete Cefalee Lombardia.
Un punto di riferimento per tutti i pazienti della Lombardia e anche per il personale medico e tutti i professionisti della salute che si prendono cura delle persone che soffrono di emicrania e di altre forme di cefalea primaria.
Vi invitiamo a visitarlo e a condividerlo con altre persone che potrebbero avere bisogno di intraprendere un percorso terapeutico per gestire al meglio l'emicrania in modo che non impatti negativamente sulla qualità della vita.
Per visitare il sito
https://lombardia.progetticefalea.it/